Page 42 - Racconti di un pellegrino russo
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su travi di legno), e tutt’intorno la gente discuteva, meravigliandosi che il campanile nel
                  crollo non avesse schiacciato qualcuno. A quanto potei capire, la sciagura era avvenuta
                  proprio nel momento in cui il cieco aveva parlato nel bosco. In quell’istante lo sentii
                  dire: – Secondo te, la mia visione era vana, e pure è andata così. Come non ringraziare il
                  Signore  Gesù  Cristo  che  rivela  la  sua  grazia  ai  peccatori,  ai  ciechi  e  agli  sciocchi?
                  Grazie  a  te,  anche,  che  mi  hai  insegnato  l’attività  del  cuore!  –  Se  vuoi  amare  Gesù
                  Cristo, amalo pure, e se lo vuoi ringraziare, ringrazialo; ma prendere visioni qualsiasi
                  per  rivelazioni  dirette  della  grazia,  questo  no,  perché  è  una  cosa  che  avviene  spesso
                  naturalmente, secondo l’ordine delle cose. L’anima umana non è completamente legata
                  alla materia. Può vedere nell’oscurità, e gli oggetti lontani quanto quelli vicini. Ma noi
                  non  coltiviamo  questa  facoltà  dell’anima,  anzi  la  soffochiamo  con  il  peso  del  nostro
                  corpo  opaco  e  con  la  confusione  dei  nostri  pensieri  distratti  e  leggeri.  Quando  ci
                  concentriamo  in  noi  stessi  e  astraiamo  da  tutto  quel  che  ci  circonda  e  aguzziamo
                  l’ingegno,  allora  l’anima  ritorna  completamente  a  se  stessa,  agisce  con  tutta  la  sua
                  potenza, ed è questa un’azione naturale. Il mio starets defunto m’ha detto che non solo
                  gli uomini di preghiera, ma anche persone malate o particolarmente dotate, quando si
                  trovano in una stanza buia, vedono la luce che emana da ogni oggetto e penetrano gli
                  altrui pensieri. Ma gli effetti diretti della grazia di Dio, durante la preghiera del cuore,
                  sono  così  alti  che  non  c’è  lingua  capace  di  descriverli;  è  impossibile  paragonarli  ad
                  alcunché  di  materiale;  il  mondo  sensibile  è  basso  in  paragone  alle  sensazioni  che  la
                  grazia ridesta nel cuore. Il mio amico ascoltò queste parole con estrema attenzione e
                  divenne anche più umile; la preghiera si sviluppava senza posa nel cuore e lo confortava
                  in modo indicibile. La mia anima era felice e io ringraziavo il Signore che mi aveva
                  fatto  conoscere  tanta  pietà  in  uno  dei  suoi  servi.  Infine  Giungemmo  a  Tobolsk;  lo
                  condussi all’ospizio e, dopo avergli detto affettuosamente addio, ripresi la mia strada
                  solitaria.  Per  un  mese  me  ne  andai  tranquillo  e  lieto,  sentendo  quanto  siano  utili  ed
                  efficaci  gli esempi vivi.  Leggevo spesso  la  Filocalia  e vi  verificavo tutto quello che
                  avevo detto al cieco. Il suo esempio infiammava di zelo, la mia dedizione e l’amore per
                  il Signore. La preghiera del cuore mi rendeva così felice quanto non avrei creduto lo si
                  potesse essere sulla terra, e mi chiedevo come le delizie del regno dei cieli avrebbero
                  potuto  essere  più  grandi  di  queste.  La  felicità  non  soltanto  illuminava  l’intimo
                  dell’anima mia: anche il mondo esterno mi appariva sotto un aspetto stupendo, tutto mi
                  chiamava ad amare e a lodare Dio; gli uomini, gli alberi, le piante, le bestie, ogni cosa
                  mi era familiare, e dovunque io trovavo l’immagine del nome di Gesù Cristo. A volte
                  mi sentivo così leggero che credevo di non avere più un corpo e di fluttuare dolcemente
                  nell’aria; a volte rientravo completamente in me stesso. Vedevo in modo chiaro il mio
                  intimo  e  ammiravo  il  magnifico  edificio  del  corpo  umano;  a  volte  sentivo  una  gioia
                  grande come se fossi diventato re, e in mezzo a tutte queste consolazioni mi auguravo
                  che Dio mi concedesse di morire al più presto e di far traboccare la mia riconoscenza ai
                  suoi piedi nel mondo degli spiriti. Certo io presi troppo piacere in queste sensazioni,
                  oppure forse Dio decise così, ma dopo un po’ di tempo sentii nel mio cuore una specie
                  di timore e un tremito continuo. – Non sarà mica una nuova disgrazia – mi dissi – o una
                  tribolazione come quella che ho dovuto affrontare per quella ragazza alla quale avevo
                  insegnato la preghiera di Gesù nella cappella?  –. I pensieri mi opprimevano come le
                  nuvole, e io ricordavo le parole del beato Giovanni di Karpathos, il quale disse che il
                  maestro è spesso lasciato al disonore e sopporta tentazioni e tribolazioni per coloro che
                  ha  spiritualmente  aiutati.  Dopo  aver  lottato  contro  tali  pensieri,  mi  immersi  nella
                  preghiera che li dissipò completamente. Mi sentii più forte e dissi: – Sia fatta la volontà
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