Page 37 - Racconti di un pellegrino russo
P. 37
Dio. Ed è già un grande mistero, quando l’uomo scopre questa capacità di rientrare in
sé, di conoscersi veramente e di piangere dolcemente sulla propria caduta e sulla sua
volontà pervertita. Non è molto difficile pensare in modo sano e parlare con le persone,
è una cosa possibile perché la mente e il cuore esistevano prima della scienza e della
saggezza umana. Si può sempre coltivare la mente con la scienza o l’esperienza; ma
dove non c’è intelligenza, l’educazione non giova a nulla. Quello che c’è è che noi
siamo lontani da noi stessi e che non desideriamo ravvicinarci, anzi fuggiamo sempre
per non trovarci faccia a faccia con noi stessi, preferiamo cose da poco conto alla verità,
e pensiamo: mi piacerebbe avere una vita spirituale, occuparmi della preghiera, ma non
ne ho il tempo, gli affari e le preoccupazioni mi impediscono di dedicarmi veramente.
Ma che cosa è più importante e più necessario: la vita terrena dell’anima santificata o la
vita passeggera del corpo per il quale noi ci diamo tanta pena? Così la gente arriva o alla
saggezza o alla stupidità.
– Scusa, fratello caro, non ho parlato per semplice curiosità, ma per benevolenza e per
sentimento cristiano, perché due anni fa ho incontrato un caso che era proprio curioso.
Venne un giorno da noi un vecchio mendicante che non si reggeva più in piedi; aveva il
passaporto di un soldato liberato ed era così povero che andava in giro quasi nudo;
parlava poco e proprio come un contadino. Lo accogliemmo nell’asilo; dopo cinque
giorni cadde malato, lo trasportammo nel padiglione e mia moglie ed io ci occupammo
esclusivamente di lui. Quando ci rendemmo conto che stava per morire, facemmo
venire il nostro prete che lo confessò, gli diede la comunione e gli ultimi sacramenti. Il
giorno prima di morire si alzò, mi chiese un foglio di carta e una penna, e insistette
perché la porta rimanesse chiusa e nessuno entrasse mentre egli scriveva il suo
testamento, che avrei dovuto poi recapitare a suo figlio, a Pietroburgo. Rimasi stupito,
quando vidi che scriveva benissimo e le sue frasi erano veramente corrette, eleganti e
piene di affetto. Ti mostrerò domani quel testamento, ne ho serbato una copia. Tutto
questo mi meravigliò moltissimo e, spinto dalla curiosità, gli chiesi di raccontarmi la
sua origine e la sua vita. Egli mi fece giurare che non ne avrei parlato con alcuno prima
della sua morte, e per la gloria di Dio mi fece questo racconto. – Ero un principe e
ricchissimo; conducevo la vita più dissipata, brillante e lussuosa che si possa
immaginare. Mia moglie era morta e vivevo con mio figlio, che era capitano della
Guardia. Una sera, mentre mi preparavo per andare a un ballo di gala, persi la calma
contro il mio cameriere; nella mia impazienza lo colpii alla testa e ordinai che lo si
rimandasse a casa sua. Questo avveniva la sera, e l’indomani il domestico morì di una
infiammazione al cervello. Ma non si diede molta importanza alla cosa e, pur
rimproverandomi la mia violenza, finii per dimenticare l’accaduto. Dopo sei settimane,
il cavaliere cominciò a comparire ne miei sogni; ogni notte egli veniva a tormentarmi e
a muovermi rimproveri, ripetendo continuamente: – Uomo senza coscienza, tu mi hai
ucciso! –. Poi lo vidi anche mentre ero sveglio. L’apparizione divenne sempre più
frequente, fino a diventare l’assillo di ogni istante. A un certo momento, oltre a lui
cominciai a vedere anche altri morti, uomini che avevo offeso in modo grossolano,
donne che avevo sedotte. Tutti mi rivolgevano dei rimproveri e non mi lasciavano più
pace, tanto che non potevo più dormire né mangiare o fare qualsiasi altra cosa; ero
ormai all’estremo delle mie forze e la pelle si attaccava alle ossa. Gli sforzi dei migliori
medici non ottennero alcun risultato. Partii allora per l’estero, ma dopo sei mesi di
assidue cure, non solo non avevo migliorato in nulla, ma le terribili apparizioni
continuavano a intensificarsi. Mi ricondussero a casa più morto che vivo; l’anima mia,
prima di venir separata dal corpo, ha conosciuto in pieno le torture dell’inferno; da