Page 40 - Racconti di un pellegrino russo
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non è che una chiacchierata se si protrae troppo, e mi ricordai le parole di sant’Efrem il
                  Siro15: «Un buon discorso è d’argento, ma il silenzio è d’oro puro». Pensando a tutto
                  questo, arrivai all’ospizio: tutti dormivano dopo il pasto. Salii nel granaio, mi calmai,
                  riposai e pregai un poco. Quando i poveri si svegliarono, andai a trovare il cieco e lo
                  condussi in giardino; ci sedemmo in un angolo appartato e cominciammo a parlare. –
                  Dimmi, in nome di Dio e per il bene della mia anima, tu reciti la preghiera di Gesù? – È
                  molto tempo ormai che la ripeto senza posa. – Che effetto ne ricavi? – Solo che non ne
                  posso  più  fare  a  meno,  né  di  giorno  né  di  notte.  –  Come  ti  ha  rivelato  Dio  questa
                  attività? Raccontamelo, fratello, in ogni particolare. – Ebbene, io sono un artigiano di
                  qua, mi guadagnavo il pane facendo il sarto, andavo negli altri governatori, nei villaggi
                  e cucivo i vestiti dei contadini. In un villaggio mi capitò di rimanere un po’ di tempo in
                  casa di un contadino per vestire tutta la famiglia. Un giorno di festa che non c’era nulla
                  da fare, scorsi tre vecchi libri sulla mensola che stava sotto le icone. Chiesi a quella
                  gente:
                  – C’è qualcuno tra voi che sa leggere?
                  Mi  risposero:  –  Nessuno;  questi  libri  sono  di  uno  zio  che  sapeva  leggere  e  scrivere.
                  Presi  uno  di  quei  libri,  l’aprii  a  caso  e  lessi  queste  parole  che  ancor  oggi  ricordo  a
                  memoria:
                  La preghiera perpetua consiste nell’invocare senza posa il nome del Signore; seduto o in
                  piedi, a tavola o al lavoro, in ogni occasione, in ogni luogo e in ogni tempo, bisogna
                  invocare il nome del Signore.
                  Riflettei a quel che avevo letto e trovai che andava bene per me; così mentre cucivo mi
                  misi a ripetere sottovoce la preghiera e me ne sentivo felice. Le persone che vivevano
                  con me nell’izba se ne accorsero e mi presero in giro: – Sei uno stregone, che borbotti
                  senza posa? O che fai l’incantesimo? Per non farmi capire, smisi di muovere le labbra e
                  mi provai a dire la preghiera muovendo soltanto la lingua. Alla fine, mi ci sono così
                  abituato che la lingua recita la preghiera giorno e notte, e questo mi fa bene. Continuai a
                  lavorare per parecchi anni finché, quasi all’improvviso, divenni completamente cieco.
                  Da noi, in famiglia, abbiamo quasi tutti l’acqua oscura in fondo agli occhi. Poiché sono
                  molto povero, il comune mi ha trovato un posto nell’asilo di Tobolsk. È là che vado, ma
                  i signori di qua mi hanno trattenuto, perché vogliono darmi una carrozza per arrivare fin
                  là. – Come si chiamava il libro che tu hai letto? Non era la Filocalia per caso? – Parola
                  mia, non lo so. Non ho guardato il titolo. Andai a prendere la mia Filocalia. Ritrovai
                  nella quarta parte le parole del patriarca Callisto che il cieco mi aveva detto a memoria e
                  cominciai a leggere. – È proprio questo – gridò il cieco –. Leggi, leggi fratello, perchè è
                  veramente  magnifico.  Quando  giunsi  al  passo  in  cui  si  dice:  bisogna  pregare  con  il
                  cuore,mi chiese che cosa questo voleva dire e come lo si praticava. Gli dissi che tutto
                  l’insegnamento della preghiera del cuore era esposto in modo dettagliato in questo libro,
                  la Filocalia, ed egli mi chiese con insistenza di leggergli tutto quello che la riguardava.
                  – Vediamo un po’ come si può fare – gli dissi –. Quando conti di partire per Tobolsk? –
                  Anche subito, se vuoi – rispose il cieco. – Benone. Vorrei partire di qua domani, non ci
                  rimane che partire insieme e durante il cammino io ti leggerò tutto quello che riguarda
                  la preghiera del cuore e ti indicherò come scoprire il tuo cuore e penetrarvi.
                  – E la carrozza? – disse lui.
                  – Lascia perdere la carrozza. Da qui a Tobolsk non ci sono che centocinquanta verste,
                  andremo adagio; in due nella solitudine è bello camminare; e camminando si va bene
                  leggendo  e  parlando  della  preghiera.  Ci  mettemmo  così  d’accordo;  la  sera  il  signore
                  venne a chiamarci per la cena e, dopo aver mangiato, gli spiegammo che desideravamo
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