Page 38 - Racconti di un pellegrino russo
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allora  ho  creduto  all’inferno  e  ho  saputo  che  cosa  sia.  In  mezzo  a  quei  tormenti
                  compresi finalmente la mia infamia, mi pentii, mi confessai, liberai tutti i miei servi e
                  feci voto di passare il resto della mia vita nei lavori più duri e di nascondermi sotto le
                  vesti di un mendicante per essere il più umile servo della gente di infima condizione.
                  Avevo  appena  preso  con  fermezza  questa  decisione  che  le  apparizioni  cessarono  di
                  ossessionarmi.  La  mia  Riconciliazione  con  Dio  mi  dava  una  gioia  tale,  un  tale
                  sentimento  di  conforto  che  non  posso  esprimerlo  degnamente.  Ho  capito  allora  per
                  esperienza che cosa è il paradiso e che il regno di Dio si realizza all’interno dei nostri
                  cuori. In breve tempo mi rimisi completamente, misi in esecuzione il mio progetto e,
                  fornito del passaporto di un ex-soldato, lasciai segretamente il luogo della mia nascita.
                  Sono  ormai  quindici  anni  che  vado  errando  per  la  Siberia.  A  volte  mi  sono  fatto
                  assumere da contadini per dei lavori secondo le mie forze, altre volte ho mendicato in
                  nome  di  Cristo.  Ah,  in  mezzo  a  tante  privazioni,  quale  felicità  ho  goduto!  Quale
                  beatitudine,  quale  pace  della  coscienza!  Può  comprenderla  solo  colui  che  la
                  misericordia divina ha tratto da un inferno di dolore, per trasportarlo al paradiso di Dio.
                  Con queste parole mi consegnò il testamento, perché lo spedissi a suo figlio, e il giorno
                  dopo morì. – Ecco, ne ho una copia nella Bibbia che si trova nel mio sacco. Se lo volete
                  leggere ve lo mostrerò. Eccolo qua. Spiegai il foglio e lessi: «In nome di Dio glorificato
                  nella Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Carissimo figliolo, Da quindici anni tu non
                  rivedi tuo padre, ma nella sua oscurità egli riceveva ogni tanto notizie di te e nutriva per
                  te un amore paterno. È questo amore che lo spinge ora a inviarti queste ultime parole
                  perché  ti  siano  guida  nella  vita.  Tu  sai  quanto  ho  sofferto  per  riscattare  la  mia  vita
                  colpevole e leggera; ma tu non sai la felicità che mi hanno data, durante questa vita
                  oscura ed errante, i frutti del pentimento. Muoio in pace presso il mio benefattore che è
                  anche  il  tuo  perché  i  benefici  fatti  al  padre  devono  raggiungere  anche  il  figlio
                  affezionato. Esprimigli la mia riconoscenza con tutti i mezzi che sono in tuo potere. La
                  sciandoti la mia paterna benedizione, ti esorto a ricordarti di Dio e ad obbedire alla tua
                  coscienza;  sii  buono,  prudente  e  ragionevole;  tratta  con  benevolenza  tutti  i  tuoi
                  dipendenti,  non  disprezzare  i  mendicanti  o  i  pellegrini,  memore  che  solo  lo
                  spogliamento di tutto e la vita errante hanno permesso a tuo padre di trovare il riposo
                  dell’anima.  Pregando  Dio  che  ti  accordi  la  sua  grazia,  chiudo  gli  occhi  serenamente
                  nella tua speranza della vita eterna, grazie alla misericordia del Redentore degli uomini,
                  Gesù Cristo». È così che noi parlavamo con quel buon signore. A un tratto gli dissi: –
                  Penso, piccolo padre, che dovete spesso avere delle noie con il vostro asilo. Vi sono
                  tanti  fratelli  nostri  che  diventano  pellegrini  per  indifferenza  o  per  pigrizia,  e  che  ne
                  combinano di tutti i colori per la strada, come ho dovuto spesso constatare. – No, quelli
                  sono molto rari – rispose il signore – . Non abbiamo visto mai che veri pellegrini. Ma
                  quando non hanno l’aria molto raccomandabile, noi siamo ancora più gentili con loro e
                  li tratteniamo un po’ di tempo nell’ospizio. A contatto  con i nostri poveri, fratelli di
                  Cristo, spesso essi si correggono e se ne vanno con cuore umile e dolce. Non molto
                  tempo fa ne ho avuto un altro esempio. Un commerciante della nostra città era caduto
                  così  in  basso  che  veniva  cacciato  a  bastonate  e  nessuno  voleva  dargli  nemmeno  un
                  tozzo di pane. Era ubriacone, violento, attaccabrighe, e per di più rubacchiava quando
                  poteva. Un giorno egli capitò da noi spinto dalla fame; chiese pane e acquavite, perché
                  bere  gli  piaceva.  Lo  ricevemmo  affabilmente  e  gli  dicemmo:  rimani  da  noi  avrai
                  acquavite finché ne vuoi, ma a un patto: dopo aver bevuto andrai a dormire, e se darai il
                  minimo scandalo, non solo ti cacciamo via per sempre, ma chiederemo al commissario
                  di  polizia  di  farti  incarcerare  per  vagabondaggio.  Accettò  e  rimase  da  noi.  Per  una
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