Page 43 - Racconti di un pellegrino russo
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di Dio! Sono pronto a sopportare tutto quello che Gesù Cristo mi manderà per espiare il
mio indurimento e il mio orgoglio. D’altro canto, coloro a cui ho rivelato in questi tempi
il mistero della preghiera interiore vi erano stati preparati dall’azione misteriosa di Dio
prima di incontrarmi –. Questo pensiero mi calmò del tutto e camminai nella preghiera e
nella gioia, più felice di prima. Per due giorni il tempo rimase alla pioggia, e la strada
era così fangosa che no si poteva uscire dal pantano. Passai per la steppa e per quindici
verste non trovai un luogo abitato; infine, verso sera, scorsi una locanda sul ciglio della
strada e mi rallegrai tutto al pensiero che avrei potuto riposare in un letto e trascorrere la
notte al riparo. E l’indomani, a Dio piacendo, il tempo sarebbe stato forse un po’
migliore.
La stazione di posta
Avvicinandomi, scorsi un vecchio, vestito con un cappotto militare; era seduto sulla
scarpata davanti alla locanda e aveva l’aria di essere ubriaco. Lo salutai e dissi: – Posso
chiedere a qualcuno il permesso di dormire qui, stanotte?
– E chi altri se non io può farti entrare? – esclamò il vecchio – Il padrone, qui, sono io!
Sono mastro di posta e qui è la posta dei cavalli.
– Bene, lasciatemi passare la notte da voi, padre mio.
– Ma… hai un passaporto? Fammi vedere i tuoi documenti!
– Gli mostrai il mio passaporto, e mentre lo teneva in mano, il vecchio gridava: – Dov’è
il tuo passaporto? – Lo avete in mano – gli risposi. – Bene, entriamo in casa. Il maestro
di posta inforcò gli occhiali, guardò il passaporto e disse: – Mi ha l’aria di essere in
regola; puoi rimanere qua; vedi, sono un galantuomo; prendi, ti porterò un bicchierino.
– Non bevo – gli risposi. – Non fa nulla! Beh, almeno cena con noi. Sedette a tavola con
la cuoca, una giovane donna che aveva bevuto anche lei la sua parte, e mi sedetti
accanto a loro. Per tutta la cena essi continuarono a discutere e a muoversi aspri
rimproveri, e infine ne nacque un vero e proprio litigio. Il mastro se ne andò a dormire
nella dispensa e la cuoca rimase a lavare tazze e cucchiai, imprecando contro il vecchio.
Io stavo seduto e, vedendo che non accennava a calmarsi, le dissi: – Dove potrei
coricarmi, io, piccola madre Sono stanco morto per tutta la strada che ho fatto. Ti
preparo subito un letto, piccolo padre. Collocò una panca accanto a quella che era fissa
sotto la finestra dirimpetto e vi stese una coperta di lana e un guanciale. Io mi distesi,
chiusi gli occhi e feci finta di dormire. Per un bel po’ la cuoca continuò ad agitarsi per la
stanza; infine, terminato il suo lavoro, spense la luce e si avvicinò a me. In quell’istante
la finestra d’angolo che dava sulla strada crollò con un fracasso assordante; intelaiatura,
vetri e imposte volarono in pezzi; contemporaneamente si intesero dalla strada gemiti,
urla e rumore di lotta. La donna, atterrita, balzò in mezzo alla stanza e cadde a terra. Io
saltai giù dal pancone, credendo che la terra si aprisse sotto i miei piedi. A un tratto vidi
due postiglioni che portavano nell’izba un uomo insanguinato, tanto che non si
distingueva più nemmeno la faccia. Questa scena accrebbe la mia angoscia. Era un
corriere dello zar che doveva cambiare i cavalli a quella stazione. Il postiglione aveva
preso male la curva per entrare e il timone aveva centrato in pieno la finestra; ma,
poiché davanti all’izba c’era un fosso, la carrozza si era ribaltata e il corriere si era ferito