Page 46 - Racconti di un pellegrino russo
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– Vorrei passare la notte qui, ma non entro nella casa dei Tartari perché sono molto
                  sporchi,  e  così  dormirò  nella  carrozza.  Dopo  qualche  tempo,  il  signore  uscì  per  fare
                  quattro  passi.  Era  una  bella  serata,  e  ci  mettemmo  a  parlare.  Ci  rivolgemmo
                  reciprocamente  parecchie  domande;  infine  egli  mi  raccontò  questa  storia:  –  Fino  a
                  sessantacinque  anni  ho  prestato  servizio  nella  flotta  come  capitano  di  marina.
                  Invecchiando mi son preso la gotta e così mi sono ritirato in Crimea nella proprietà di
                  mia moglie; ero quasi sempre malato. Mia moglie era lieta di poter dare ricevimenti e le
                  piaceva molto giocare a carte. Finì per non poterne più di quella vita con un malato e se
                  ne andò a Kazan dalla nostra figliola che ha sposato un funzionario; portò con sé ogni
                  cosa,  anche  i  domestici  e  mi  lasciò  come  servo  un  ragazzetto  di  otto  anni,  mio
                  figlioccio. Così rimasi tutto solo per tre anni. Il mio ragazzetto era svelto, riassettava la
                  stanza, accendeva il fuoco, cuoceva la mia zuppa di semolino e mi preparava il tè. Ma
                  era anche un vero discolo, correva, gridava, giocava, urtava da per tutto e mi disturbava
                  parecchio; sia perché ero malato, sia perché mi annoiavo, leggevo molto volentieri gli
                  autori spirituali. Avevo un ottimo libro di Gregorio Palamas sulla preghiera di Gesù.
                  Leggevo quasi senza interruzione e recitavo a tratti la preghiera. Il rumore del ragazzo
                  mi riusciva sgradevole; né i rimproveri, né i castighi servivano a trattenerlo dal far delle
                  sciocchezze. Finii per escogitare un mezzo: lo costrinsi a sedere nella mia stanza su un
                  panchettino  e  a  ripetere  senza  posa  la  preghiera  di  Gesù.  All’inizio  mi  pareva  poco
                  persuaso,  tanto  che,  per  sottrarsi,  stava  zitto.  Ma  per  costringerlo  a  eseguire  il  mio
                  ordine, presi le verghe e me le posi accanto. Quando il ragazzo diceva la preghiera, io
                  leggevo tranquillamente e stavo a sentire quello che diceva lui; ma appena stava zitto,
                  gli mostravo le verghe e il ragazzo, intimorito, si rimetteva a pregare; il sistema stava
                  producendo già i suoi benefici: in una casa cominciava a regnare la calma. Dopo un po’
                  di tempo, mi avvidi che le verghe non erano più necessarie; il ragazzo eseguiva il mio
                  ordine  con  maggiore  piacere  e  maggiore  zelo;  a  poco  a  poco  il  suo  carattere  mutò
                  completamente; divenne dolce e silenzioso e si mise a compiere con maggior impegno i
                  lavori di casa. Ne provai gran gioia e gli lasciai maggiore libertà. E il risultato? Bene, il
                  ragazzo  si  abituò  tanto  alla  preghiera  che  la  ripeteva  senza  posa  e  senza  che  io  lo
                  forzassi. Quando gliene parlai, mi rispose che aveva un desiderio immenso di recitare la
                  preghiera. – E che cosa provi? – Niente di speciale, ma mi sento bene mentre recito la
                  preghiera. – Ma come, bene? – Non lo so spiegare. – Ti senti allegro? – Sì, mi sento
                  allegro. Aveva dodici anni quando scoppiò la guerra in Crimea. Io partii per Kazan e lo
                  portai con me da mia figlia. Lo sistemammo in cucina con gli altri domestici, ma lui era
                  sconsolato, perché essi passavano il tempo a divertirsi e a giocare tra loro, prendendo in
                  giro il ragazzo e cercando di distrarlo dalla sua preghiera. Erano passati tre mesi quando
                  venne da me e mi disse: – Torno a casa; non posso sopportare la vita qui, con tanto
                  rumore. Gli dissi: – Come, vuoi andar così lontano da solo e in pieno inverno? Aspetta
                  che  io  riparta  e  tu  verrai  con  me.  Il  giorno  dopo  il  ragazzetto  era  scomparso.  Lo  si
                  mandò  a  cercare  dappertutto,  ma  fu  impossibile  trovarlo.  Un  bel  giorno  finalmente
                  ricevetti una lettera dalla Crimea; i custodi della mia vecchia casa mi annunciavano che,
                  il 4 aprile, il giorno dopo Pasqua, era stato trovato nella casa deserta il corpo inanimato
                  del ragazzo. Giaceva sul pavimento della mia camera, le mani incrociate sul petto, il
                  berretto  sotto  il  capo  e  con  quell’abitino  da  nulla  che  portava  sempre  e  con  cui  era
                  fuggito  da  Kazan.  Lo  sotterrarono  nel  mio  giardino.  Mi  meravigliò  molto,  quando
                  ricevetti  la notizia, la rapidità con cui  il ragazzo era arrivato  fin là. Era  partito  il 26
                  febbraio e fu trovato il 4 aprile. Tremila verste in un mese si possono percorrere sì e no
                  con un cavallo. Significa fare cento verste al giorno. E per di più con abiti leggeri, senza
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