Page 28 - Racconti di un pellegrino russo
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noi  e,  mentre  mangiava  del  pesce  ai  ferri,  inghiottì  una  lisca.  Malgrado  tutti  i  nostri
                  sforzi, non riuscimmo a liberarla; ed essa accusava un forte male alla gola e dopo un
                  paio d’ore dovette mettersi a letto. Si mandò a cercare un medico a trenta verste da lì, e
                  io tornai nella mia stanza piuttosto rattristato. Durante la notte io, che avevo il sonno
                  molto leggero, sentii la voce del mio starets, ma non vidi alcuno. La voce mi diceva: –
                  Il tuo padrone ti ha guarito e tu non puoi far nulla per il castaldo? Dio ci ha ordinato di
                  andare incontro al nostro prossimo che soffre. – Lo aiuterei più che volentieri, ma in che
                  modo? Non so proprio  alcun rimedio. – Ecco che cosa bisogna fare: essa ha sempre
                  avuto  una  ripugnanza  fortissima  per  l’olio  di  ricino;  basta  l’odore  per  provocarle  la
                  nausea; se tu le dai un cucchiaio di olio di ricino, lei vomiterà, uscirà la lisca e l’olio
                  lenirà la ferità della gola; così quella povera signora guarirà. – E come potrò farglielo
                  bere, se lei ha una ripugnanza così forte? – Prega il castaldo di tenerle ferma la testa e
                  versale il liquido in bocca con mano ferma. – Mi scossi dal sonno e corsi dal castaldo, al
                  quale narrai ogni cosa nei più minimi particolari. Egli mi disse: – Che vuoi che possa
                  fare il tuo olio? Mia moglie ha già la febbre e sta delirando, il suo collo è tutto gonfio.
                  In ogni modo si può tentare; se l’olio non le farà bene, non le potrà fare nemmeno male.
                  Versò  l’olio  di  ricino  in  un  bicchierino  e  riuscimmo  a  farglielo  ingoiare.  Ella  ebbe
                  subito un conato di vomito e sputò la lisca con un po’ di sangue. Si sentì meglio e si
                  addormentò  profondamente.  Il  giorno  dopo  andai  per  sentire  sue  notizie  e  la  trovai
                  mentre col marito stava sorbendo il suo tè. Erano molto stupiti della sua guarigione, e
                  soprattutto di quello che mi era stato detto in sogno sulla sua ripugnanza invincibile per
                  l’olio di ricino, perché non ne avevano mai parlato con nessuno. In quel momento arrivò
                  il medico: la signora gli raccontò come era stata guarita e io come il contadino mi aveva
                  curato le gambe. Il medico dichiarò: – Non sono due casi straordinari. È una forza di
                  natura  che  ha  agito  tutte  e  due  le  volte,  ma  me  lo  voglio  segnare  per  ricordarmelo.
                  Trasse  una  matita  dalla  tasca  e  scrisse  alcuni  appunti  su  un  suo  notes.  Si  diffuse
                  rapidamente  la  voce  che  io  ero  un  indovino,  un  guaritore  e  un  mago;  venivano  a
                  vedermi da ogni paese, per chiedermi consigli, per portarmi dei regali, e cominciavano a
                  venerarmi come un santo. Allora, dopo una settimana di  queste  cose, io riflettei ben
                  bene ed ebbi timore di cadere nella vanità e nella dissipazione. La notte dopo lasciai di
                  nascosto io villaggio.

                  Così  ripresi  ancora una  volta la mia  via solitaria, leggero come se una  montagna mi
                  fosse caduta dalle spalle. La preghiera mi consolava sempre di più; a volte il mio cuore
                  traboccava di un amore infinito per Gesù Cristo, e da quella meravigliosa pienezza si
                  spandevano in tutto il mio essere onde benefiche. L’immagine di Gesù Cristo era così
                  impressa nella mia anima che, pensando agli avvenimenti del Vangelo, potevo dire di
                  vederli  proprio  davanti  ai  miei  occhi.  Ero  commosso  e  piangevo  di  gioia,  e  talvolta
                  sentivo nel mio cuore una tale felicità che non la saprei descrivere. A volte restavo ben
                  tre  giorni  lontano  da  ogni  abitato  umano  e  con  estasi  mi  sentivo  sulla  terra  solo,
                  miserabile  peccatore  davanti  a  Dio  misericordioso  e  amico  degli  uomini.  Questa
                  solitudine faceva la mia felicità e la dolcezza della preghiera era molto più sensibile che
                  non il contatto  con gli  uomini.  Infine  arrivai  ad  Irkutsk. Dopo essermi  inginocchiato
                  davanti alle reliquie di sant’Innocente, mi chiesi dove potevo ormai andare. Non avevo
                  voglia di rimanere a lungo nella città, perché era molto popolata. Camminavo per le vie
                  e riflettevo tra me. A un tratto incontrai un mercante del paese che mi fermò e disse: –
                  Sei un pellegrino? Perché non vieni a casa mia? Arrivammo nella sua magnifica casa.
                  Mi  domandò  chi  ero  e  gli  raccontai  del  mio  viaggio.  A  queste  parole  mi  disse:  –
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