Page 27 - Racconti di un pellegrino russo
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Scrissi come modello la preghiera di Gesù e gliela feci ricopiare, mostrandogli come
vergare le lettere in modo ordinato. Era molto riposante per me, perché il ragazzo
prestava servizio tutta la giornata presso il castaldo e veniva da me solo quando il
castaldo dormiva, ossia il mattino per tempo. Il fanciullo era sveglio e in poco tempo
imparò a scrivere quasi correttamente. Il castaldo, che lo vide scrivere, gli chiese: – Chi
ti istruisce? – Il ragazzo rispose che era il pellegrino monco, che viveva da loro nel
vecchio bagno. Il castaldo curioso, era un polacco, venne a trovarmi e mi trovò intento a
leggere la Filocalia. Parlò un poco con me e mi chiese: – Cosa leggi di bello? Gli
mostrai il libro. – Ah, è la Filocalia – disse. Ho veduto questo libro dal curato, quando
abitavo a Vilna. Ma ho sentito dire che contiene strane formule e modi per pregare,
inventati da certi monaci greci sullo stampo dei santoni indiani e di Buchara, che
gonfiano i loro polmoni e credono ciecamente, quando riescono a sentire un pizzicorino
nel cuore, che questa sensazione naturale sia una preghiera data da Dio. Bisogna pregare
semplicemente, per compiere il nostro dovere verso Dio; quando ci si alza il mattino, si
recita il Pater come ha insegnato Gesù Cristo; e questo basta per tutta la giornata. Ma a
forza di ripetere sempre la stessa preghiera, si corre il rischio di diventare matti e di
guastarsi il cuore. – Non parlate in tal modo di questo santo libro, piccolo padre. Non
sono dei semplici monaci che l’hanno scritto, ma antichi e santi personaggi che la vostra
Chiesa venera, come Antonio il Grande, Macario il Grande, Marco l’Asceta, Giovanni
Crisostomo e altri. I monaci dell’India e di Buchara hanno preso la loro tecnica dalla
preghiera del cuore, ma l’hanno deformata e guastata, come mi ha spiegato il mio
starets. Nella Filocalia tutti gli insegnamenti sulla preghiera interiore sono tratti dalla
Parola divina, dalla santa Bibbia, nella quale Gesù Cristo, pur dicendo di dire il
Padrenostro, ha affermato anche che bisognava pregare senza posa, dicendo: Ama il
Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima (Mt 22,37); osservate,
vegliate e pregate (Mc 13,33); voi sarete in me e io in voi (Gv 15,4). E i santi Padri,
citando la testimonianza di Davide nei salmi: Gustate e vedete quanto è buono il
Signore (Sal 34,9), lo interpretano dicendo che il cristiano deve fare di tutto per
conoscere la dolcezza della preghiera, deve senza tregua cercarvi consolazione e non
accontentarsi di recitare una volta il Padrenostro. Sentite. Vi leggo quello che i Padri
dicono di coloro che non cercano di studiare la benefica preghiera del cuore. Dichiarano
che essi commettono un triplice peccato perché, per prima cosa, si mettono in
contraddizione con la santa Scrittura; in secondo luogo, non ammettono che vi sia per
l’anima uno stato superiore e perfetto: accontentandosi delle virtù esteriori, ignorano la
fame e la sete della giustizia e si privano della beatitudine in Dio; in terzo luogo poi,
considerando le loro virtù esteriori, cadono spesso nella soddisfazione di sé e nella
vanità. – Tu leggi certo cose molto elevate – disse il castaldo – ma come possiamo, noi
laici, seguire simile via? – Ecco, ora vi leggo come degli uomini dabbene hanno potuto,
anche se laici, imparare la preghiera perpetua. Presi nella Filocalia il trattato di Simeone
il Nuovo Teologo sul giovane Giorgio e mi misi a leggere. Il brano piacque al castaldo
che mi disse: – Dammi quel libro e lo leggerò nei miei momenti liberi. – Se volete, ve lo
posso lasciare per un giorno, ma non di più, perché io lo leggo di continuo e non posso
farne a meno. – Ma tu potresti almeno copiarmi quel passo; ti darò del denaro. – Non ho
bisogno di denaro, ma lo copierò volentieri, sperando che Dio vi dia l’ardore per la
preghiera. Copiai immediatamente il passo che avevo letto. Egli lo lesse a sua moglie e
tutti e due lo trovarono molto bello. Da quel giorno essi mi mandarono ogni tanto a
chiamare. Io leggevo ed essi stavano a sentire, mentre bevevano il tè. Un giorno mi
trattennero a pranzo. La moglie del castaldo, una simpatica vecchia signora, stava con