Page 20 - Racconti di un pellegrino russo
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senza alcuna attività da parte mia; nasceva nel mio spirito e nel mio cuore non solo allo
stato di veglia, ma anche durante il sonno e non si interrompeva più un solo minuto. La
mia anima ringraziava il Signore e il mio cuore esultava di una gioia incessante.
Venne il tempo del taglio, i taglialegna si riunirono e dovetti lasciare la mia silenziosa
dimora. Ringraziato il guardaboschi e recitata una preghiera, baciai quell’angolo di terra
in cui il Signore aveva voluto manifestarmi la sua bontà e partii. Camminai e camminai,
percorsi molti paesi prima di entrare in Irkutsk. La preghiera spontanea del cuore fu la
mia consolazione durante tutto il cammino, e non cessò mai di confortarmi, anche se a
gradi diversi; mai e in nessun luogo mi ha dato noia, nulla ha potuto menomarla. Se io
lavoro, la preghiera agisce da sola nel mio cuore e il lavoro va avanti più svelto; se
ascolto o leggo qualcosa con attenzione, la preghiera non si interrompe, e io sento l’una
e l’altra insieme, come se fossi sdoppiato o se nel mio corpo si trovassero due anime.
Mio Dio, com’è misterioso l’uomo!…
Le tue opere sono grandi, Signore; tu hai fatto tutto con saggezza (Sal 104,24). Ho
avuto nel mio cammino molte straordinarie avventure. Se dovessi raccontarle tutte, non
basterebbero delle giornate. Ecco, per esempio: una sera d’inverno passavo solo per una
foresta, e volevo andare a dormire a due verste di là, in un villaggio di cui si scorgevano
già le prime luci. A un tratto mi si avventò contro un grosso lupo. Tenevo in mano il
rosario del mio starets – lo portavo sempre con me –. Respinsi il lupo con il rosario. E –
lo credereste? – il rosario mi scappò di mano e si attorcigliò intorno al collo della belva.
Il lupo balzò indietro e, saltando attraverso i pruni, le zampe posteriori si impigliarono
tra le spine, mentre il rosario si impigliava nel ramo secco di un albero. Il lupo si
dibatteva con tutte le sue forze, ma non riusciva a liberarsi perché il rosario gli serrava
la gola. Mi feci con fede il segno di croce e avanzai per liberare il lupo; soprattutto
temevo che mi strappasse il rosario e portasse via con sé quell’oggetto tanto prezioso.
Mi ero appena avvicinato e avevo messo la mano sul rosario che il lupo lo strappò
davvero e fuggì via senza troppi complimenti. Così, ringraziando il Signore e
ripensando al mio santo starets, arrivai senza fatica al villaggio; mi diressi all’albergo e
chiesi da dormire. Entrai in casa. Due viaggiatori erano seduti a una tavola d’angolo,
uno già avanti negli anni, l’altro d’età matura e robusto. Bevevano del tè. Chiesi chi
fossero al contadino che custodiva i loro cavalli. Mi spiegò che il vecchio era istitutore e
l’altro cancelliere del giudice di pace: tutti e due di origine nobile: – Li conduco alla
fiera a venti verste da qui.
Dopo essermi riposato qualche istante, chiesi alla padrona un ago e un po’ di filo. Mi
avvicinai alla candela e cominciai a cucire il mio rosario. Il cancelliere mi lanciò
un’occhiata e disse:
– Ne hai fatte di riverenze, per strappare in quel modo il tuo rosario!
– Non l’ho rotto io, signore, fu un lupo…
– Guarda, anche i lupi ora si mettono a pregare… rispose con una risata il cancelliere.
Raccontai allora l’avventura nei suoi particolari e spiegai come quel rosario fosse
prezioso per me. Il cancelliere ricominciò a ridere e disse: