Page 13 - Racconti di un pellegrino russo
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erano i miei libri. In un primo momento essi finsero di non riconoscermi, poi uno di loro
                  disse:  – Se  ci  dai  qualche cosa, ti diremo  dove sono  i  tuoi libri.  Vogliamo  un rublo
                  d’argento.  Giurai  che  glielo  avrei  dato  senz’altro,  a  costo  di  mendicare  per  metterlo
                  insieme. – Prendete il mio passaporto, tenetelo come pegno. Mi dissero che i miei libri
                  erano nei carri, insieme con gli altri oggetti rubati che avevano dovuto consegnare.

                  – Come posso fare per riaverli?

                  –  Chiedili  al  capitano  della  scorta.  Corsi  dal  capitano  e  gli  spiegai  la  cosa  in  tutti  i
                  particolari. Così, parlando, egli mi chiese se sapevo leggere la Bibbia. – So leggere, non
                  solo, ma anche scrivere; sulla Bibbia troverete una scritta di mio pugno, che prova che
                  quel libro è mio; ed ecco qua sul passaporto il mio nome e il mio cognome. Il capitano
                  mi disse: – Questi briganti sono dei disertori, vivevano in una capanna e depredavano i
                  passanti. Un vetturino in gamba ieri li ha arrestati, mentre quelli cercavano di portargli
                  via la troika. Non chiedo di meglio che di restituirti i tuoi liberi, se sono là dove ti hanno
                  detto; ma bisogna che tu venga con noi fino alla prossima tappa; è solo a quattro verste
                  di  qui,  non  posso  fermare  tutto  il  convoglio  per  causa  tua.  Camminavo  tutto  lieto  a
                  fianco de cavallo del capitano e parlavo con lui. Vidi che era un brav’uomo e non più
                  tanto giovane. Mi domando chi ero, da dove venivo e dove andavo. Gli risposi in tutta
                  verità; e così arrivammo al luogo di tappa. Il capitano andò a cercare i miei libri e me li
                  rese  dicendo:  –  Dove  vuoi  andare,  ora?  È  notte  ormai.  Ti  conviene  restare  con  noi.
                  Rimasi. Ero così felice di aver ritrovato i miei libri che non sapevo come ringrazia Dio;
                  li strinsi al mio cuore fino ad averne i crampi alle braccia. Lacrime di gioia inondavano i
                  miei occhi e il cuore mi batteva di un palpito di gioia. Il capitano disse guardandomi: –
                  Si  vede  che  ti  piace  leggere  la  Bibbia!  Nella  mia  gioia  non  riuscii  a  rispondere  una
                  sillaba. Non facevo che piangere. Il capitano continuò: – Anch’io, fratello, leggo ogni
                  giorno  con  attenzione  il  Vangelo  di  Kiev  che  è  rilegato  in  argento.  Siediti  qui,  ti
                  racconterò come mai ho preso quest’abitudine. Olà! Portateci la cena!

                  Ci sedemmo a tavola. Il capitano cominciò il suo racconto: – Dalla mia giovinezza in
                  poi ho sempre servito nell’esercito e mai nella guarnigione. Conoscevo bene il servizio
                  e i miei capi mi consideravano un soldato modello. Ma ero molto giovane e altrettanto
                  giovani  erano  i  miei  amici;  per  mia  disgrazia,  imparai  a  bere  e  mi  abbandonai  a  tal
                  punto  a  questo  piacere  che  finii  per  ammalarmi.  Quando  non  bevevo,  ero  un  ottimo
                  ufficiale,  ma  anche  una  sola  goccia  di  alcool  voleva  dire  sei  settimane  di  letto.  Mi
                  sopportarono un bel po’, ma alla fine, avendo io insultato un capo dopo aver bevuto, fui
                  degradato  e  condannato  a  prestar  servizio  tre  anni  in  guarnigione;  se  non  avessi
                  rinunciato  a  quel  vizio,  mi  minacciavano  pene  anche  più  severe.  In  quella  misera
                  situazione ebbi  un bel cercare  di  frenarmi,  di  farmi  curare, non potei liberarmi  dalla
                  passione del bere, e fu deciso allora di inviarmi al battaglione di disciplina. Quando ne
                  fui informato, mi abbandonai alla disperazione. Un giorno che ero seduto nella camera e
                  ruminavo queste cose, ecco che viene un monaco a questuare per una chiesa. Ognuno
                  dava quel che poteva. Arrivato vicino a me, mi chiese: «Perché sei così triste?» Parlai
                  un  po’  con  lui  e  gli  raccontai  le  mie  disavventure.  Il  monaco  mostrò  molta
                  comprensione per i miei guai e mi disse: «A mio fratello è successo lo stesso, e se l’è
                  cavata  in  questo  modo.  Il  suo  padre  spirituale  gli  diede  un  Vangelo  e  gli  ordinò  di
                  leggere un capitolo ogni volta che avesse s desiderio di bere; e se il desiderio tornava,
                  doveva leggere il capitolo successivo. Mio fratello mise in pratica il consiglio e di lì a
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