Page 11 - Racconti di un pellegrino russo
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le gambe mi dolgono, mi concentro nella preghiera di Gesù e non sento più dolore.
Quando qualcuno mi insulta, non penso che alla benefica preghiera di Gesù;
immediatamente collera o pena svaniscono e dimentico tutto. Il mio spirito è diventato
semplice, veramente. Non mi do pena per nulla, nulla mi occupa, nulla di quanto è
esteriore mi trattiene; vorrei essere sempre in solitudine; per abitudine, non ho che un
bisogno solo: recitare senza posa la preghiera, e quando lo faccio divento allegro. Dio sa
che cosa si compie in me. Naturalmente tutte queste cose sono soltanto impressioni
sensibili o, come diceva lo starets, l’effetto della natura e di un’abitudine acquisita; ma
non oso ancora mettermi a studiare la preghiera nell’intimo del cuore, sono troppo
indegno e troppo stupido. Aspetto l’ora di Dio sperando nella preghiera del mio starets
defunto. Così non sono giunto ancora alla preghiera spirituale del cuore, spontanea e
perpetua: ma, grazie a Dio, comprendo chiaramente ora quel che significa la parola
dell’Apostolo che avevo udita un tempo: Pregate senza posa.
Secondo Racconto
Signore… Gesù… Cristo…
A lungo ho viaggiato per ogni sorta di paesi, accompagnato dalla preghiera di Gesù,
che mi dava forza e consolazione in tutti i miei viaggi, in ogni occasione e in ogni
incontro. Alla fine mi parve che avrei fatto bene a fermarmi in qualche luogo per
trovare una solitudine più piena e studiare la Filocalia, che fino allora avevo potuto
leggere solo di sera, quando mi fermavo, o durante la siesta di mezzogiorno. Avevo un
desiderio ardente di immergermi a lungo in quella lettura per attingervi con fede la
dottrina vera della salvezza dell’anima con la preghiera del cuore. Purtroppo, per
soddisfare il mio desiderio, non potevo impegnarmi in alcun lavoro manuale, perché fin
dalla prima infanzia avevo perduto l’uso del braccio sinistro; così, nell’impossibilità di
fissarmi in qualche luogo, mi diressi verso i paesi della Siberia, verso sant’Innocente
d’Irkutsk pensando che, attraverso le pianure e le foreste della Siberia, avrei trovato un
grande silenzio e mi sarei potuto dedicare con più agio alla lettura e alla preghiera. Mi
misi in viaggio recitando senza posa la preghiera.
Dopo un po’ di tempo sentii che la preghiera scorreva da sola nel mio cuore, o meglio, il
mio cuore, battendo regolarmente, si metteva in certo qual modo a recitare da sé le
parole sante a ogni battito; per esempio, 1: Signore, 2: Gesù, 3: Cristo, e via dicendo.
Cessai di muovere le labbra e ascoltai attentamente quel che diceva il mio cuore,
ricordandomi quanto fosse piacevole, secondo le parole dello starets defunto. Poi
avvertii un lieve dolore al cuore e nello spirito un amore così grande per Gesù Cristo
che, se l’avessi veduto, mi sarei gettato ai suoi piedi, li avrei stretti, baciati e bagnati di
lacrime, ringraziandolo per la consolazione che egli ci dà con il suo nome, nella sua
bontà e nel suo amore per la sua creatura colpevole e indegna. Si accese presto nel mio
cuore un confortevole calore che si diffuse in tutto il petto. Questo mi portò in
particolare a un’attenta lettura della Filocalia per verificare in essa queste mie
sensazioni e studiare così lo sviluppo della preghiera interiore del cuore; senza questo
controllo avrei avuto paura di cadere nell’illusione, di scambiare le azioni della natura
per quelle della grazia e di inorgoglirmi così per quella rapida conquista della preghiera,