Page 15 - Prima Catechesi Cristiana
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per causa loro e per l’avidità di possederle e per la violenza di chi più avido gliele sottrae? E se anche le
                  ricchezze rimanessero in possesso di un uomo per tutta la sua vita e non abbandonassero colui che le ama,
                  sarebbe proprio lui a doverle abbandonare al momento della sua morte. Quanto a lungo può durare la vita
                  di un uomo, quand’anche raggiunga la vecchiaia? E quando gli uomini desiderano la vecchiaia, cos’altro
                  desiderano se non un periodo di lunga debolezza? Così pure gli onori di questo mondo, cos’altro sono se
                  non orgoglio, vanità, rischio di perdizione? Perché così dice la Sacra Scrittura: Ogni carne è erba e la
                  gloria  dell’uomo  come  il  fiore  dell’erba.  Secca  l’erba,  appassisce  il  fiore:  ma  la  parola  del  Signore
                  rimane in eterno. Per questo motivo chi desidera la vera pace e la vera felicità deve levare la sua speranza
                  da beni perituri e transeunti e riporla nella parola del Signore, cosicché aderendo alla parola che rimane in
                  eterno, possa anch’egli con essa rimanere in eterno.

                  La situazione di chi cerca la pace e la gioia nella lussuria e nelle passioni suscitate dagli spettacoli.

                  16. 25. Vi sono pure uomini che non cercano di diventare ricchi, né intrigano per giungere ad ottenere la
                  vana parvenza degli onori, ma vogliono trovare godimento e requie nelle taverne, nei postriboli, nei teatri
                  e  negli  spettacoli  frivoli,  che  nelle  grandi  città  hanno  gratuitamente.  E,  in  tal  modo,  anche  costoro  o
                  spendono nella dissolutezza le loro poche sostanze, o, dall’indigenza, arrivano poi a compiere furti, scassi
                  e talvolta anche rapine, e a un tratto si trovano pieni di molti e grandi timori; e coloro che poco prima
                  stavano a cantare nelle taverne, già sognano le pene del carcere. Per la passione degli spettacoli diventano
                  simili ai demoni, incitando con le loro grida uomini che non si sono recati alcuna offesa ad uccidersi a
                  vicenda e ad ingaggiare ostinate lotte per il desiderio di piacere a un pubblico invasato. E se si accorgono
                  che i lottatori vanno d’accordo, allora li hanno in odio, li perseguitano, chiedono a gran voce che siano
                  fustigati, come complici in una frode, e costringono a commettere una tale iniquità anche il giudice, lui
                  che è là per punire le ingiustizie. Se, al contrario, sanno che essi coltivano reciproca feroce inimicizia
                  (siano i cosiddetti “ sinti “ o gli attori e i musicisti di teatro o gli aurighi o i gladiatori, i quali ultimi,
                  miseri,  aizzano  in  gare  e  lotte,  non  solo  di  uomini  contro  uomini,  ma  anche  di  uomini  contro  belve),
                  allora, quanto più si rendono conto che si scatenano l’uno contro l’altro tanto più si compiacciono e si
                  dilettano.  E  acclamano  coloro  che  incitano  e  incitano  coloro  che  acclamano:  gli  stessi  spettatori,
                  parteggiando per l’uno o per l’altro, dimostrano l’uno contro l’altro d’esser pazzi più di quelli dei quali da
                  pazzi eccitano la pazzia e di cui desiderano godersi lo spettacolo delirando.. Come può, dunque, un animo
                  che si nutre di discordie e di lotte mantenere la sanità che deriva dalla pace? Infatti quale cibo si prende,
                  tale stato di salute si ottiene. Infine, sebbene i piaceri smodati di qualsiasi natura, non siano veri piaceri, e
                  per  quanto  l’ostentazione  delle  ricchezze,  la  vanagloria  degli  onori,  la  voragine  delle  taverne,  i
                  combattimenti dei teatri, le impurità delle fornicazioni, la lascivia delle terme procurino diletto, basta una
                  febbriciola a portar via tutte queste cose ed a sottrarre a chi ancora resta in vita ogni falsa felicità. Rimane
                  una coscienza vuota e ferita che è destinata a sperimentare come giudice Dio, non avendolo voluto come
                  custode, e a trovare severo il Signore, avendo sdegnato di cercarlo e di amarlo come dolce padre. Tu
                  invece, poiché cerchi la vera pace  promessa ai cristiani dopo questa vita, potrai gustarne la soavità e la
                  letizia  tra  le  amarissime  pene  della  vita,  se  avrai  amato  i  comandamenti  di  Colui  che  l’ha  promessa.
                  Giacché ti renderai subito conto di un fatto: i frutti della giustizia  sono più dolci di quelli dell’iniquità e
                  l’uomo trae più genuino e giocondo diletto da una buona coscienza  in mezzo alle sofferenze piuttosto che
                  da una coscienza cattiva in mezzo ai piaceri. Perché tu non sei venuto a unirti alla Chiesa di Dio con
                  l’intenzione di riceverne qualche vantaggio temporale.
                  Alcuni aspirano a diventare cristiani per ottenere in quanto tali vantaggi materiali.

                  17. 26. Vi sono in verità persone che intendono diventare cristiane o per attirarsi il favore di uomini dai
                  quali si attendono qualche vantaggio temporale o perché non vogliono dispiacere a uomini di cui hanno
                  timore. Ma costoro non sono autentici cristiani. Anche se la Chiesa li sopporta temporaneamente, come
                  l’aia  porta  la  paglia  fino  al  momento  del  vaglio,  tuttavia,  se  costoro  non  si  correggeranno  e  non
                  cominceranno ad essere cristiani mirando all’eterna pace futura, alla fine saranno messi da parte. Non si
                  illudano di poter stare sull’aia con il frumento di Dio, perché non saranno riposti insieme ad esso nel
                  granaio, ma sono destinati al fuoco loro dovuto. Inoltre vi sono altre persone spinte a diventare cristiane
                  da una speranza certamente migliore e che, nondimeno, corrono un non minore pericolo: esse hanno già il
                  timor di Dio e non deridono il nome cristiano, né entrano a far parte della Chiesa di Dio con ipocrisia;
                  tuttavia attendono la felicità in questa vita, così da essere negli affari terreni più felici di coloro che non
                  onorano  Dio.  Per  questo  motivo,  quando  vedono  che  certi  tipi  scellerati  ed  empi  primeggiano  e
                  posseggono in abbondanza la prosperità mondana e che loro, al contrario, ne godono in misura minore o
                  l’hanno persa del tutto, ne restano turbati, come se onorassero Dio invano, e facilmente si allontanano





                  Agostino – Catechesi cristiana                                             pag. 13 di 24
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