Page 13 - Prima Catechesi Cristiana
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piacere di farlo, allora devi pensare (a parte il fatto che sappiamo di doverci comportare con benevolenza
                  con  gli  uomini,  qualunque  cosa  facciamo,  e  secondo  il  servizio  della  più  pura  carità;  a  parte  questo
                  dunque), devi pensare che non si sa che cosa sia più utile per noi compiere o che cosa sia più opportuno
                  tralasciare  o  trascurare  del  tutto.  Perché,  in  effetti,  ignoriamo  quali  siano  davanti  a  Dio  i  meriti  degli
                  uomini in favore dei quali ci adoperiamo, non comprendiamo che cosa ad essi giovi in un determinato
                  momento, ma piuttosto lo supponiamo senza congettura alcuna o per congettura di esile fondamento. Per
                  la qual cosa, appunto, dobbiamo dare un ordine alle cose da compiere secondo le nostre capacità: se le
                  abbiamo potute condurre a termine nel modo che avevamo stabilito, rallegriamoci per il fatto che non a
                  noi, ma a Dio è piaciuto compierle così; se poi, al contrario, interviene una qualche altra necessità a causa
                  della quale l’ordine da noi stabilito è perturbato, pieghiamoci docilmente, senza abbatterci, in modo da far
                  nostro l’ordine che Dio ha preferito a quello da noi concepito. Infatti  è più giusto che noi seguiamo la
                  volontà  di  Dio  piuttosto  che  Dio  segua  la  nostra.  Del  resto  l’ordine  delle  cose  da  fare,  che  vogliamo
                  mantenere secondo quanto deciso, è plausibile quando vi abbiano il primo posto le cose più importanti.
                  Perché allora deve far male a noi uomini il fatto che il Signore Dio, tanto più potente, abbia il primo
                  posto,  fino  a desiderare per amore dell’ordine da noi stabilito di essere nel disordine? Nessuno infatti
                  dispone in miglior ordine la sua azione di colui che è più pronto a tralasciare ciò che è impedito dal potere
                  divino piuttosto che, bramoso, eseguire ciò che ha progettato il suo umano pensiero. Poiché molti sono i
                  pensieri nel cuore dell’uomo, ma solo il disegno del Signore rimane in eterno.
                  L’animo del catechista, se è per qualche ragione turbato, non può tenere un discorso sereno e gioioso.

                  14. 21. Se però l’animo, turbato da qualche scandalo, non è in grado di proporre un discorso sereno e
                  gioioso, è necessario avere lo stesso una grande carità verso coloro per i quali Cristo è morto, riscattandoli
                  a prezzo del suo sangue dalla morte derivata dalle colpe del mondo; se pur siamo rattristati, l’annuncio
                  stesso che una persona ha intenzione di diventare cristiana deve servire a consolarci e a far scomparire il
                  nostro  turbamento,  così  come  di  solito  la  gioia  dei  guadagni lenisce il dolore provocato dalle perdite.
                  Giacché lo scandalo provocato da una persona non ci addolora se non perché riteniamo o vediamo che si
                  perde chi dà scandalo o che, per causa sua, si perde chi è debole. Pertanto colui che si presenta per essere
                  iniziato  alla  fede,  mentre  si  spera  possa  progredire  nel  cammino  intrapreso,  deve  cancellare  il  dolore
                  provocato da colui che vien meno. Se poi si insinua il timore che il proselite possa diventare figlio della
                  gehenna, dal momento che davanti ai nostri occhi stanno molti uomini di tal fatta, dai quali nascono quegli
                  scandali che ci fanno soffrire, proprio quel timore non deve aver peso nel rallentare i nostri sforzi, ma
                  piuttosto nel rinnovarli ed accrescerli; al punto da esortare il candidato che stiamo formando a guardarsi
                  dall’imitare coloro che sono cristiani non di fatto, ma solo di nome; non bisogna che, impressionato dal
                  loro numero, voglia seguirli oppure non voglia, per causa loro, seguire Cristo, o non voglia entrare a far
                  parte  della  Chiesa  di Dio ove sono costoro, oppure voglia farvi parte imitandoli.. E, io non so in che
                  modo,  nel  rivolgere  tali  esortazioni,  il  discorso,  che riceve alimento da un dolore presente, risulta più
                  ardente:  non  solo  non  siamo  più  svogliati,  ma  per  ciò  stesso  esprimiamo  in  modo  più  partecipato  e
                  vibrante ciò che, senza quel pungolo, avremmo detto con maggior freddezza e distacco. E rallegriamoci
                  che ci sia data l’opportunità per cui un sentimento del nostro animo non passi senza portar frutto.

                  Talvolta il discorso è reso difficile per la scontentezza causata da un nostro errore o peccato.

                  14.  22.  Se  invece  siamo  preda  della  scontentezza  a  causa  di  un  nostro  errore  o  di  un  nostro  peccato,
                  ricorderemo non solo che uno spirito contrito è sacrificio a Dio, ma ci rammenteremo anche del passo:
                  Poiché come l’acqua spegne il fuoco, così l’elemosina estingue il peccato. E, ancora, del passo in cui si
                  dice: Perché voglio la misericordia piuttosto che il sacrificio. Come dunque se fossimo in pericolo per un
                  incendio  correremmo  per  prima  cosa  in  cerca  dell’acqua,  con  cui  poter  spegnere  l’incendio,  e
                  ringrazieremmo chi ce ne portasse dal luogo più vicino, ugualmente, se qualche fiamma di peccato si è
                  sprigionata dal fieno delle nostre passioni  e perciò siamo scossi, rallegriamoci dell’opportunità che ci
                  viene data di fare un’opera di vera misericordia, come se ci fosse offerta la fontana da cui prender l’acqua
                  per spegnere l’incendio che si era acceso. A meno che, per caso, non siamo tanto stolti da credere che si
                  debba correre con più prontezza a riempire con il pane lo stomaco di un affamato che ad ammaestrare con
                  la parola di Dio la mente di chi la gusta. A questo si aggiunga che, se il far ciò fosse di qualche utilità e il
                  non farlo non fosse dannoso, da parte nostra disprezzeremmo sventuratamente il rimedio che ci è offerto,
                  dinanzi al pericolo concernente non già la salvezza del prossimo, ma la nostra. Dal momento che in vero
                  dalla bocca del Signore risuonano queste parole così minacciose: Servo malvagio ed infingardo, avresti
                  dovuto affidare il mio denaro ai banchieri, quale stoltezza sarebbe, dato che il nostro peccato ci angustia,
                  voler peccare di nuovo, non consegnando il denaro del Signore a chi lo vuole e lo chiede? Dissipata la





                  Agostino – Catechesi cristiana                                             pag. 11 di 24
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