Page 9 - Prima Catechesi Cristiana
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erano soliti tenere in maggior considerazione. Inoltre  è necessario ammaestrare costoro a comprendere
                  principalmente le Scritture divine, in modo che non ne spregino l’eloquio sostanzioso, con la scusa che
                  sono prive di enfasi, né credano che le parole e le azioni degli uomini che si leggono nei Libri sacri,
                  avvolte e coperte come sono da rivestimenti carnali, per venir comprese non debbano essere spiegate e
                  interpretate, ma intese così nel loro senso letterale. Riguardo poi all’utilità stessa del significato recondito
                  – da cui viene anche il nome di mysteria –, quale sia l’efficacia dell’oscurità degli enigmi nell’accrescere
                  l’amore per la verità e nel dissipare il torpore derivante dalla noia è l’esperienza diretta con tali persone a
                  dimostrarlo,  quando  qualche  particolare  che,  proposto  in  maniera  evidente,  non  li  colpiva,  li  scuote
                  attraverso  la  spiegazione  del  suo  senso  allegorico.  Infatti  a  costoro  giova  massimamente  sapere  che  i
                  pensieri sono da anteporre alle parole, come l’anima è da anteporre al corpo. Da ciò consegue che si deve
                  preferire ascoltare i discorsi più veri che eloquenti, così come si deve preferire avere amici più saggi che
                  belli di aspetto. Sappiano pure che non giunge alle orecchie di Dio nessun’altra voce se non il sentimento
                  profondo  del  cuore.  Così  dunque  non  rideranno  se  per  caso  abbiano  sentito  qualche  responsabile  e
                  ministro della Chiesa invocare Dio, usando barbarismi e solecismi, o non comprendere il significato delle
                  parole  stesse  che  pronunzia  e  separarle  in  modo  scorretto.  Non  che  questi  errori  non  debbano  essere
                  corretti (sì che il popolo possa dire amen a ciò che comprende pienamente); nondimeno, devono essere
                  tollerati in spirito di carità da chi ha imparato che, come il “ parlare in modo acconcio “ è legato nel foro
                  al  suono  della  voce,  così  nella  chiesa  lo  è  alla  sincerità  della  preghiera.  Pertanto,  il  discorso  nel  foro
                  talvolta  può  forse  essere  definito  bona  dictio,  mai  tuttavia  benedictio.  Per  quel  che  riguarda  poi  il
                  sacramento  al  quale  si  apprestano  a  partecipare,  è  sufficiente  per  i  più  perspicaci  sentir  parlare  del
                  significato del rito; per i più lenti occorre invece condurre la spiegazione in modo più articolato e con un
                  maggior numero di similitudini, sì che tengano nel dovuto conto ciò a cui assistono.

                  Sul modo di ottenere la gioia. Le cause dell’insoddisfazione interiore nel catechista.

                  10. 14. A questo punto forse ti attendi un esempio di discorso, che ti mostri in forma concreta in che
                  maniera si debba mettere in pratica ciò che ti ho detto. E lo farò certamente con l’aiuto del Signore, per
                  quanto sta nelle mie capacità. Prima, però, devo parlare di quanto ho promesso, ossia del modo di ottenere
                  la gioia. Infatti, per quel che riguarda i precetti del discorso da tenere nel catechizzare chi si presenta per
                  diventare cristiano, ho mantenuto ciò che avevo promesso, nella misura che è parsa sufficiente. È davvero
                  inutile che io stesso dia in questo scritto un esempio di ciò che insegno a fare. Se lo darò, dunque, sarà in
                  sovrappiù;  ma  come  può, in ogni modo, traboccare da me il sovrappiù prima che io abbia colmato la
                  misura  del  debito?  Ho  sentito  infatti  che  ti  lamenti  soprattutto  del  fatto  che  il  tuo  discorso,  quando
                  introduci un candidato alla fede cristiana, ti sembra piatto e trascurato. D’altronde so bene che ciò accade
                  non tanto per la mancanza di argomenti da trattare, nei quali so che sei ben pronto e ferrato, né per la
                  povertà del tuo eloquio, quanto per un’insoddisfazione interiore. Questa deriva dal motivo a cui ho fatto
                  cenno:  perché  ciò  che  vediamo  con  la  mente,  senza  l’ausilio  delle  parole,  ci  attrae  maggiormente,  ci
                  avvince e non vogliamo essere portati lungi  dal dissonante suono prodotto dalle parole. Scaturisce dal
                  fatto che, se pure il discorso è brillante, preferiamo ascoltare o leggere ciò che è stato espresso in uno stile
                  più tornito e prodotto senza nostro sforzo e preoccupazione, piuttosto che, improvvisando, dover adattare
                  le parole alla capacità di chi ascolta, non sapendo se esse vengano in ausilio al pensiero e se siano recepite
                  con una qualche utilità. Un altro motivo può aggiungersi, giacché proviamo fastidio nel tornare più e più
                  volte su argomenti, a noi ben noti e ormai non necessari per progredire nel cammino, proposti a coloro
                  che vogliono diventare cristiani: il nostro spirito, non più ai primi passi, ripercorre con scarso piacere
                  argomentazioni tanto usuali e per così dire infantili. D’altra parte, in chi parla produce insoddisfazione
                  anche il fatto che chi ascolta resti inerte; non certo perché sia bene per noi desiderare i consensi umani,
                  ma perché le parole di cui siamo dispensatori sono dono di Dio. E quanto più amiamo coloro a cui ci
                  rivolgiamo, tanto più desideriamo che sia accetto ciò che offriamo per la loro salvezza. E se la cosa non si
                  verifica, ci rattristiamo e nel corso stesso dell’esposizione ci sentiamo scoraggiati ed abbattuti, come se ci
                  spendessimo  in  un’opera  vana.  Talvolta  poi  l’insoddisfazione  nasce  allorché  veniamo  distolti  da  un
                  qualche  lavoro  che  desideravamo  fare  e  il  cui  compimento  ci  dilettava  e  ci  pareva  maggiormente
                  necessario, e siamo costretti, o per volere di qualcuno che non vogliamo urtare o per inevitabile richiesta
                  di  altri,  a  istruire  con  la  catechesi  qualche  candidato.  In  tal  modo,  già  contrariati,  ci  disponiamo  ad
                  un’occupazione  che  richiede  una  grande  serenità,  dispiaciuti  perché  non  ci  è  concesso  di  mantenere
                  l’ordine da noi desiderato nel susseguirsi dei lavori e perché non siamo in grado di far fronte a tutto. E
                  così  l’eloquio,  ispirato  dalla  tristezza  stessa,  riesce  meno  gradevole,  perché  dall’aridità  interiore,
                  determinata  dalla  mestizia,  fluisce  meno  copiosi.  Similmente,  qualche  volta,  mentre  il  dispiacere,
                  derivante da qualche scandalo, angustia il nostro cuore, ci sentiamo dire: “Vieni e parla a questa persona
                  che ha intenzione di farsi cristiana”. Certamente ce lo sentiamo dire da persone che ignorano quale dolore





                  Agostino – Catechesi cristiana                                              pag. 7 di 24
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