Page 10 - Prima Catechesi Cristiana
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segreto bruci dentro di noi; e se non è opportuno rivelare loro il nostro stato d’animo, intraprendiamo
malvolentieri quel che ci viene chiesto: allora, sì, il discorso, passato al vaglio di un cuore bruciante e
torbido, riuscirà smorto e poco gradevole. Dunque, a quest’insieme di cause, quale che sia tra di esse
quella che offusca la serenità del nostro animo, bisogna cercar rimedio con la grazia di Dio; di modo che
si plachi quella tensione interiore e noi si possa gioiosamente esultare con spirito fervido nella tranquillità
che deriva dal compimento di un’opera buona. Perché Dio ama chi dona con gioia.
L’esempio datoci da Cristo.
10. 15. Se infatti siamo contrariati perché chi ci ascolta non comprende il nostro pensiero, scendendo dalla
cui sommità, in una maniera o nell’altra, siamo costretti ad indugiare lungo un cammino lento fatto di
sillabe scandite e ci preoccupiamo di come far uscire dalla bocca, attraverso lunghi ed intricati giri di
parole, quello che la mente vede nel tempo di un respiro; e poiché troviamo che vien fuori ben diverso da
come vorremmo, dispiace parlare ed è gradito tacere: riflettiamo allora a cosa ci è stato prima donato da
Colui che ci ha offerto l’esempio, affinché seguissimo le sue orme. Per quanto infatti possa differire
l’articolazione verbale dalla vivacità della nostra intelligenza, molto di più differisce la caducità
dell’uomo dall’immutabilità di Dio. E tuttavia, pur essendo di natura divina, Cristo spogliò se stesso
assumendo la condizione di servo, ecc. fino alla morte di croce. E per quale ragione, se non perché si è
fatto debole coi deboli, per guadagnare i deboli? Ascolta colui che ne è divenuto imitatore e che dice in
un altro passo: Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio: se siamo assennati è per voi. Poiché
l’amore di Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti. In che modo infatti sarebbe stato pronto
a prodigarsi per le loro anime, se avesse avuto riluttanza a piegarsi alle loro orecchie? In ragione di questo
amore, Cristo si è fatto piccolo tra noi, come una nutrice che nutre i suoi figli; giacché è forse piacevole
mormorare parole tronche e spezzate se non fosse l’amore a suggerirle? E tuttavia gli uomini desiderano
avere bambini con i quali far così: per una madre è persino più dolce dare al figlioletto piccoli bocconi da
lei sminuzzati, piuttosto che mangiare avidamente bocconi più grandi. Neppure si dimentichi l’esempio
della chioccia che copre con le delicate piume i teneri nati e chiama a sé con debole verso i pulcini
pigolanti; quelli che, alteri, si sottraggono alle carezzevoli ali, diventano preda di uccelli di rapina. Se la
facoltà di comprendere si diletta nel penetrare recessi del tutto inviolati, si diletti pure nel comprendere
che la carità, quanto più servizievole si cala nelle umili realtà, tanto più fortificata penetra nell’intimità
dell’anima, con la chiara consapevolezza di nulla chiedere a coloro a cui si rivolge, se non la loro salvezza
eterna.
Preferiamo leggere o ascoltare discorsi già espressi in forma compiuta piuttosto che improvvisare.
11. 16. Se invece preferiamo leggere ed ascoltare discorsi già preparati ed espressi in una forma più curata
e per questo motivo proviamo fastidio ad improvvisare con esito incerto quanto diciamo secondo le
circostanze, bisogna confidare in ciò: fermo restando che l’animo non si deve discostare dalla verità dei
fatti, è facile che, se qualche espressione abbia urtato chi ascolta, questi dall’occasione stessa impari –
allorché il pensiero sia stato compreso – quanta poca importanza abbia il dato che le parole adoperate per
farlo comprendere non siano perfettamente compiute o appropriate. Se poi la limitata capacità umana
abbia portato a scostarsi anche dalla verità stessa delle cose (sebbene nel catechizzare è difficile che ciò
possa accadere, dal momento che bisogna mantenersi in un tracciato già battuto), tuttavia, perché non
accada per caso che chi ascolta ne abbia danno, non dobbiamo vedere nell’accaduto se non che Dio ha
voluto mettere alla prova la nostra capacità di sopportare la correzione con animo sereno, in modo da
evitare di cadere, difendendo il nostro errore, in un errore più grande. Se poi nessuno ce lo ha fatto notare
e il nostro errore è passato inosservato a noi e all’uditorio, non vi è motivo di dolersene, purché non
accada di nuovo. Il più delle volte, però, passando mentalmente in rassegna quanto abbiamo detto,
disapproviamo qualche parola e non sappiamo in che modo, quando è stata detta, abbia potuto essere
presa per buona; quando in noi arde la carità, ci addoloriamo ancor di più se la nostra parola sia stata
tranquillamente accolta, benché fosse erronea. Per questo motivo, quando si presenta l’opportunità, come
abbiamo disapprovato noi stessi in silenzio, così dobbiamo preoccuparci di correggere con delicatezza
anche coloro che sono caduti in qualche errore non per difetto della parola di Dio, ma certo della nostra.
Se poi ci sono quelli che, maldicenti, detrattori, odiosi dinanzi a Dio, accecati da un’insana invidia si
rallegrano del fatto che abbiamo sbagliato, sia questa per noi l’occasione di esercitare la pazienza insieme
alla benevolenza, giacché anche la pazienza di Dio li spinge alla penitenza. Che cosa invero è più
detestabile e che cosa accumula la collera per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di
Dio, più che il rallegrarsi del male altrui, a mala somiglianza ed imitazione del diavolo? Talvolta, benché
abbiamo parlato bene e secondo verità, un qualche argomento o non viene compreso o per la sua stessa
Agostino – Catechesi cristiana pag. 8 di 24