Page 4 - Prima Catechesi Cristiana
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simile neppure all’impressione lasciata nella memoria. Per quanto ci riguarda, desiderando di solito
ardentemente giovare a chi ci ascolta, vorremmo parlare secondo ciò che ci suggerisce la visione
intellettuale, mentre, a causa della tensione stessa del nostro spirito non possiamo. E poiché la cosa non
riesce, ci angustiamo e, nella convinzione di spenderci in un’opera vana, ci snerviamo nel disgusto e a
causa di questo stesso disgusto il nostro discorso diviene più smorto ed inespressivo di quanto non fosse
dal punto in cui aveva preso a disgustarci.
2. 4. Ma l’attenzione di coloro che hanno desiderio di ascoltarmi spesso mi rende manifesto che il mio
parlare non è così noioso come mi pare, e, dal godimento che ne traggono, mi accorgo che vi trovano
qualche utilità e con ogni cura impegno me stesso per non venir meno nell’offrire questo servizio, nel
quale vedo che chi ascolta accoglie bene quel che viene presentato. Allo stesso modo anche tu per il fatto
stesso che frequentemente ti sono condotte persone da iniziare alla fede, devi capire che il tuo discorso
non è sgradito agli altri come è sgradito a te, né devi ritenerti inutile se non riesci a rendere come vorresti
ciò che vedi con la mente, dal momento che forse neppure sei in grado di vedere come desidereresti. Chi
infatti in questa vita vede se non in modo enigmatico e come per riflesso? Neanche l’amore è tanto grande
da penetrare, squarciata la caligine della carne, nella serenità eterna, di dove comunque traggono luce
anche le cose transeunti. Poiché d’altronde i buoni progrediscono di giorno in giorno verso la visione di
un giorno che non conosce il muoversi circolare del cielo né l’irrompere della notte, che occhio non vide,
né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo, non vi è motivo per cui, nell’iniziare alla fede chi ne è
lontano, il nostro discorso diminuisca per noi di valore, se non questo: che piace discernere cose inusitate
ed annoia parlare delle consuete. E, inoltre, indubbiamente siamo ascoltati molto più volentieri allorché
anche noi traiamo diletto dal parlare, giacché il filo del nostro eloquio vibra della gioia stessa che
proviamo e riesce più facile e più gradito. Per ciò non è cosa difficile raccomandare da dove e fino a dove
si debba narrare ciò che è insegnato come materia di fede; o come si debba variare la narrazione di modo
che sia ora più breve, ora più lunga, ma sempre risulti compiuta e perfetta; e quando occorra valersi di
quella più breve e quando di quella più lunga. In quali modi piuttosto ciò debba essere fatto perché il
catechista insegni con gioia (infatti, quanto più sarà pieno di gioia tanto più riuscirà accetto presso chi lo
ascolta): è questo il massimo impegno a cui occorre dedicarsi. Ed in proposito la regola è evidente e nota.
Se Dio, infatti, ama chi dispensa con gioia i beni materiali, quanto più amerà chi dispensa in egual modo i
beni spirituali? Quanto poi al fatto che una tale gioia sia presente al tempo opportuno, dipende dalla
misericordia di Colui che la raccomanda. Tratteremo pertanto in primo luogo del metodo con cui
affrontare l’esposizione storica, secondo il desiderio che hai espresso, poi dei temi relativi all’insegnare e
all’esortare, infine del modo di ottenere la gioia a cui si è fatto cenno: tutto ciò seguendo l’ispirazione che
Dio ci darà.
Sul modo di condurre il racconto.
3. 5. L’esposizione storica è compiuta quando la catechesi comincia dal versetto: In principio Dio creò il
cielo e la terra e prosegue fino al tempo presente della Chiesa. Tuttavia, non dobbiamo per questo citare
a memoria, nel caso li si conosca parola per parola, tutto il Pentateuco, e tutti i libri dei Giudici, dei Regni
e di Esdra, e tutto il Vangelo e gli Atti degli Apostoli; neppure dobbiamo narrare e spiegare tutto ciò che è
contenuto in questi libri esponendolo con nostre parole. Il tempo non lo consente né alcuna necessità lo
esige. Dobbiamo, invece, abbracciare l’insieme per sommi capi e in linea generale, in modo da scegliere
gli eventi più mirabili, che si ascoltano con maggior diletto e che d’altra parte si situano nelle articolazioni
cruciali della storia, non mostrandoli come manoscritti nei loro involucri, per poi sottrarli subito alla vista;
al contrario conviene, indugiandovi alquanto, chiarirli e spiegarli e offrirli all’attenzione degli ascoltatori
perché li considerino e se ne meraviglino. Al resto possiamo accennare con rapide battute inserendolo nel
contesto. In tal modo gli elementi che vogliamo mettere soprattutto in evidenza emergono di più per la
minor rilevanza degli altri; né stancamente giunge a possederli chi desideriamo stimolare con la nostra
esposizione storica, né rimane confusa la mente di chi dobbiamo ammaestrare con il nostro insegnamento.
Fine del precetto è la carità. La Sacra Scrittura assicura la venuta del Signore e prefigura la Chiesa futura.
3. 6. Indubbiamente in tutte le cose non solo occorre che non perdiamo di vista il fine del precetto, vale a
dire la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera (ad esso
dobbiamo ricondurre tutto ciò che diciamo), ma occorre pure che verso quel medesimo precetto sia
avviato e diretto lo sguardo di colui che ammaestriamo con la parola. Non per altro, infatti, tutto quello
che leggiamo nelle Sacre Scritture è stato scritto, prima della venuta del Signore, se non per assicurare la
sua venuta e per prefigurare la Chiesa futura, cioè il popolo di Dio in mezzo alle universe genti, che è il
suo corpo; popolo che unisce ed annovera tutti i santi che vissero in questo mondo anche prima
Agostino – Catechesi cristiana pag. 2 di 24