Page 59 - Perché un Dio Uomo
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Anselmo – Ogni potere è subordinato alla volontà. Quando dico: «posso camminare
o parlare» sottintendo: «se lo voglio». Se non si sottintende la volontà, non c’è più
facoltà ma necessità. Così quando dico: «posso contro la mia volontà essere trascina-
to o vinto», non accenno a una mia facoltà ma a una necessità e al potere di un altro.
Quindi «posso essere trascinato o vinto» non significa altro se non che un altro può
trascinarmi o vincermi.
Possiamo dunque dire del Cristo che poteva mentire purché si sottintenda «se vole-
va». E poiché non poté mentire contro la propria volontà né poté voler mentire, si
può anche dire che egli non poté essere bugiardo. Così dunque poté e non poté
mentire.
Bosone – Ritorniamo ora a fare delle indagini a suo riguardo, come se ancora non
fosse esistito e come abbiamo fatto da principio. Affermo dunque: se non potrà pec-
care perché, come dici, non potrà volerlo, si conserverà giusto per necessità. Quindi
non sarà giusto in forza del libero arbitrio. E qual ricompensa gli si dovrà per la sua
giustizia?
Siamo soliti infatti affermare che intenzionalmente Dio ha creato l’angelo e l’uomo
con una natura capace di peccare, perché potendo essi abbandonare la giustizia u-
sassero del libero arbitrio per non farlo, meritando così la ricompensa e la lode, alle
quali non avrebbero avuto diritto se fossero stati giusti per necessità.
Anselmo – Gli angeli che ora non possono più peccare non sono dunque degni di lo-
de?
Bosone – Lo sono certamente, perché tale impossibilità l’hanno meritata in quanto
poterono peccare e non vollero.
Anselmo – Che cosa dici allora di Dio che non può peccare e non ha meritato
l’impeccabilità evitando il peccato quando ne aveva la facoltà? Non è degno di lode
per questa sua giustizia?
Bosone – A questo voglio che risponda tu in mia vece. Infatti se dico che non è degno
di lode, so di mentire; se poi dico ch’è lodevole temo di indebolire l’argomento che
ho esposto parlando degli angeli.
Anselmo – Gli angeli non devono essere lodati della loro giustizia perché poterono
peccare, ma perché, in conseguenza di ciò, la loro impeccabilità proviene in qualche
modo da loro. E in questo sono simili a Dio, che ha da se stesso tutto quello che ha.
Diciamo d’altronde di qualcuno che dà una cosa quando non la prende pur poten-
dolo, e che dona la esistenza a una cosa quando potendola distruggere non la di-
strugge. Così dunque, quando l’angelo poté togliersi la giustizia e non se la tolse,