Page 26 - Metodo breve per fare Orazione
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farlo senza trovarvi molta difficoltà. Succede anche che si ritiri dal suo stato per farlo,
cosa che non deve mai fare se vuole che esso sussista come abitudine. Allora sì che si
trova in una conversione e in un amore abituali. Ecco, per quanto riguarda l’atto formale
che non può sempre sussistere e non deve cedere all’abituale.
Noteremo che a volte ci sarà facile compiere degli atti distinti, ma questo è semplice-
mente il segno che ci eravamo distolti. Si rientra nel cuore dopo essersene distaccati.
Ma si resta in riposo quando si è rientrati. Tutto dipende dalla conoscenza degli atti,
poiché quando si dice che non bisogna fare atti, si sbaglia: ciascuno compie degli atti,
ma sempre conformemente al suo grado.
4. Per chiarire bene questo punto che a molti risulta difficile, poiché non lo capiscono,
bisogna sapere che ci sono degli atti formali e degli atti sostanziali, degli atti diretti e
degli atti riflessi. Non tutti possono fare quelli formali, e non tutti sono in condizione di
compiere gli altri.
Gli atti formali devono essere compiuti da persone che sono distolte. Esse devono rivol-
gersi tramite un’azione che si distingua, più o meno intensa, a seconda che la deviazio-
ne, sia più o meno grande, in modo che, se la deviazione è piccola, basta un atto sempli-
cissimo.
5. L’atto sostanziale è quando l’anima è tutta rivolta verso Dio tramite un atto diretto
che essa non rinnova, a meno che non sia interrotto, ma che sussiste. Essendo, come di-
cevo, rivolta in questo modo l’anima è in carità e ci resta. «Colui che dimora nella ca-
rità, dimora in Dio» (1 Gv 4,16). Allora l’anima è nell’abitudine dell’atto, e nell’atto
trova riposo.
Ma il suo riposo non è ozioso. Infatti a questo punto c’è un atto che sempre sussiste, che
è un’immersione in Dio, in cui Dio l’attira sempre più. E l’anima, seguendo questa at-
trazione così forte e restando nel suo amore e nella sua carità, si immerge sempre più in
questo stesso amore e ha un’azione infinitamente più forte, vigorosa e veloce rispetto
all’atto che serve solo a formare il ritorno.
6. Orbene, l’anima che si trova in questo atto profondo ,e vigoroso, completamente ri-
volta verso il suo Dio, non si accorge di questo atto, perché è diretto e non riflesso. Al-
lora questa persona dirà, spiegandosi male: «non compio nessun atto». Ma si sbaglia,
non ne ha mai compiuti come in questo momento, né in maniera migliore. Dovrebbe di-
re: «non distinguo più gli atti» e non «non compio nessun atto».
L’anima non li compie da sola, sono d’accordo, ma è attirata e segue ciò che l’attira.
L’amore è il peso che la fa sprofondare, così come una persona che cade in mare spro-
fonda e sprofonderebbe all’infinito se il mare fosse infinito, e senza accorgersi di questo
sprofondamento andrebbe sempre più giù a una velocità incredibile.
Dire che non si compie nessun atto significa quindi parlare impropriamente. Tutti com-
piono degli atti ma nessuno li compie allo stesso modo, e chi intende e sa che si dovreb-
bero compiere degli atti ma li vorrebbe compiere formali commette un abuso. Questo
non può essere. Gli atti formali sono riservati ai principianti, e gli altri sono per le anime
avanzate. Fermarsi ai primi atti, che sono leggeri e fanno avanzare poco, vuoi dire pri-
varsi degli ultimi. Nello stesso modo, voler far gli ultimi prima di esser passati per i
primi non è possibile e sarebbe anche questo un abuso.
7. «Per tutto c’è un momento e un tempo» (Eccle 3,1). Ogni stato ha il suo inizio, il suo