Page 34 - Lo specchio dell’Eterna Salvezza
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Osservate ora come gli uomini di cui ho parlato somigliano molto a Zaccheo.
Come lui, desiderano vedere e conoscere Gesù, ma la completa ragione come la
luce naturale sono per questi troppo brevi e piccole. Così corrono essi
superando tutto quello che è folla e molteplicità di creature: poi, per la fede e
l’amore si elevano fino alla sommità dei loro pensieri, là dove lo spirito si trova
spoglio di immagini e pienamente libero nella propria libertà. È qui che Gesù
può essere visto, conosciuto ed amato nella sua divinità; poiché è qui che si
presenta sempre agli spiriti alti e liberi che per amore per lui hanno superato se
stessi. Lui si spande in abbondanza di grazia e di favori, ma gli dice anche:
“Sbrigatevi a scendere, poiché l’alta libertà di spirito non può che essere
mantenuta con la docilità dell’anima; e voi dovete conoscermi ed amarmi come
Dio e come uomo, oltrepassando in altezza tutte le cose così come abbassandosi
al di sotto di tutto. In questo modo, è sempre me che gusterete, quando vi elevo
al di sopra di tutte le cose e di voi stessi fino a me, o quando vi umiliate come
me e per me al di sotto di tutto e di voi stessi. È allora che devo entrare nella
vostra casa e rimanerci in modo stabile con voi e in voi, e voi con me e in me.”
Quando questi uomini ascoltano, gustano queste parole e ne fanno esperienza,
essi si affrettano a scendere in un grande disprezzo di se stessi, dicendo
nell’umiltà del loro cuore, con un reale dispiacere della loro vita e delle loro
opere: “Signore, non sono degno, sono assolutamente indegno di ricevere sotto
il velo del Sacramento il tuo corpo glorioso nella casa piena di peccati del mio
corpo e della mia anima. Ma, Signore, dammi la misericordia e abbi pietà della
mia povera vita e di tutti i miei sbagli.”
Osservatelo bene, così a lungo che questi uomini vedano la loro inezia e i loro
peccati, abbiano disprezzo di se stessi e pratichino davanti a Dio timore
amoroso, un umile disprezzo della propria persona e una vera speranza. E nella
misura in cui si abbassano così per il disprezzo e lo spregio di loro stessi, in un
vero sentimento di umiltà, essi raggiungono Dio e si elevano davanti a lui con
una giusta riverenza.
La loro vita e pratica consistono dunque a girarsi da una parte verso Dio e a
tornare poi verso se stessi. Quando si girano interiormente, tendono verso Dio
con uno spirito elevato e libero, in una amorosa riverenza; e quando ritornano
verso se stessi, è per il proprio disprezzo e annientamento. Considerano allora
tutto quello che fanno o possono fare di buono, nell’interiorità o esteriorità,
come non avendo alcun prezzo, né importanza o valore alcuno davanti agli
occhi di Nostro Signore. Loro si dividono tra questi due atti, guardando tanto
verso l’interiorità che tanto verso l’esteriorità, e restano sempre liberi di fare
l’uno o l’altro a loro piacimento.
L’atto per il quale guardano verso l’esteriorità è secondo la ragione, ha come
radice la carità e genera le buone pratiche e le sante opere; si allea con tutte le
virtù e si esercita sempre sotto lo sguardo di Dio. Anche coloro che lo praticano
restano essi sempre puri, con una coscienza senza macchia; crescono
continuamente in grazia e in tutte le virtù, davanti a Dio e agli uomini.
Per quanto riguarda l’interiorità, essa si esercita tanto secondo la ragione, con
l’aiuto di immagini e di mezzi, tanto al di sopra della ragione, senza immagini e