Page 13 - Lo specchio dell’Eterna Salvezza
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Sono veramente poveri di Spirito coloro che non hanno conservato niente di
proprio; è per questo che sono felici, poiché l’amore di Dio è la loro vita.
Sono felici ancora di più, poiché sono dolci e umili: così che, pur portando
qualche fardello e qualche pena assegnatogli dalla natura, hanno sempre la
pace del cuore dello spirito.
In terzo luogo, sono felici poiché se gemono e piangono sulle loro debolezze
giornaliere invece che sui peccati di tutti gli uomini, soffrono a vedere Dio così
poco conosciuto, così poco amato, onorato rispetto alla sua alta dignità.
Da qui nasca la quarta beatitudine, che consiste in una fame e sete, un desiderio
ardente e eterno che Dio sia amato e lodato da tutte le creatura in cielo e in
terra.
Poi ci si eleva alla quinta beatitudine, dove, dal fondo del cuore, umilmente e
liberamente, ci si augura che Dio espanda la sua grazia e i suoi favori al cielo e
sulla terra, al fine che tutti siano colmi dei suoi doni, gli rendano grazie e lo
lodino eternamente.
La sesta forma di beatitudine dipende e conviene a coloro, con cuore puro e
spoglio di immagini, che ricevano la grazia e i doni di Dio e allo stesso tempo
perseverino in modo stabile in una lode piena di riconoscenza: sono coloro che
contemplano Dio.
Da questa contemplazione viene la settima forma di beatitudine, che consiste in
un ritorno amoroso in Dio e nella pace divina, dove entrano il cuore e i sensi, i
corpo e l’anima, con tutte le forze, in compagnia di tutti i felici presenti e a
venire: è qui tutta la scorta e il seguito di questo ritorno amoroso verso Dio e
verso la visione della pace divina. Quelli che fanno l’esperienza di questa forma
di beatitudine sono felici, i pacifici, che possiedono la pace con Dio, con se stessi
e con tutte le creature. È per questo che sono chiamati i Figli di Dio; ed è
parlando di loro che il Profeta dice: “Voi siete divini e figli dell’Altissimo” (Sal
82,6).
Ma subito aggiunge: “Voi morirete come degli uomini e cadrete come uno dei
principi” (Sal 82,7).
E con questo si intende l’ultima forma dove si conclude la nostra beatitudine,
poiché, come noi saliamo, attraverso la forza di Nostro-Signore Gesù Cristo,
fino alla visione della pace divina, dove siamo figli di Dio, così dobbiamo
scendere con lui attraverso la povertà, l’inezia, la tentazione, la lotta contro la
nostra carne, contro il demonio e contro il mondo. È nella lotta, in effetti, che
egli ci fa vivere e morire come dei poveri uomini, così come ha fatto il Cristo, il
Figlio di Dio vivente, che è un principe elevato al di sopra di tutte le creature. Si
è abbassato, si è veramente gettato sotto i piedi di tutti i peccatori, soffrendo la
povertà, l’inezia, la fame, la sete, la tentazione, il disprezzo, la lotta, il bisogno,
la confusione, la vergogna e tutte le prove possibili all’esterno e all’interno. In
mezzo a tutto questo lui rimaneva obbediente e docile come un agnello. Infine,
per conservarci nel suo regno, ha deciso di morire come un uomo povero e
miserabile.
Tuttavia, se vogliamo diventare felici e restare eternamente con lui, dobbiamo
conservarci noi stessi nella sua grazia. Per questo, bisogna affliggere e