Page 87 - Lo Splendore delle Nozze Spirituali
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se  non  alla  fine  di  tutto.  Perché,  dopo  che  abbiamo  cercato  Dio,  con
                  amore,  in  tutte  le  pratiche  spirituali,  fin  nelle  pieghe  più  intime
                  dell’anima, è allora che sperimentiamo l’irruzione di tutte le grazie e di
                  tutti i doni di Dio.
                  Questo  tocco,  o  scossa,  lo  sentiamo  nell’unità  delle  nostre  facoltà
                  superiori, al di sopra della ragione, ma non fuori di essa, perché sentiamo
                  di essere toccati.
                  Tuttavia, se vogliamo sapere che cosa esso sia e donde venga, la nostra
                  ragione, e qualsiasi tentativo di ordine creato, viene meno. Infatti, anche
                  se  l’aria  è  piena  di  luce,  piena  di  sole  e  l’acutezza  della  vista  è  forte  e
                  penetrante,  tuttavia,  se  uno  pretende  di  seguirne  con  gli  occhi  lo
                  splendore  dei  raggi  e  fissare  la  pupilla  sull’asse  del  sole,  gli  occhi  non
                  possono non fallire nel loro sforzo e subiranno passivamente lo splendore
                  dei raggi. Allo stesso modo l’irradiazione dardeggiante della luce divina è
                  così intensa e così forte, quando arriva alle nostre facoltà superiori, che
                  qualsiasi  attività  di  ordine  creativo  viene  meno.  Qui  la  nostra  attività
                  deve risolvere nel subire passivamente l’azione di Dio in noi, ed è lì che
                  sta la sorgente di tutti i doni. Infatti se noi fossimo capaci di accogliere
                  Iddio con la sola nostra comprensione, Egli si concederebbe a noi senza
                  intermediario,  ma  questo  è  impossibile,  siamo  troppo  angusti  per
                  contenerLo. Ecco allora ch’Egli versa su di noi i suoi doni a seconda della
                  nostra capacità e della qualità del nostro allenamento spirituale.

                  L’unità feconda di Dio sta al di sopra delle nostre facoltà e non cessa mai
                  di sollecitarci verso questa somiglianza che è fatta di carità e di virtù. Così
                  noi ci sentiamo insistentemente scossi e spinti a rinnovarci sempre di più,
                  per  divenire  più  simili  a  Dio  nella  virtù.  Infatti,  al  rinnovarsi  di  questi
                  tocchi  divini,  lo  spirito  è  preso  da  fame  e  sete  e,  con  l’impeto  e  la
                  veemenza dell’amore, si sforza di penetrare tutto l’abisso della  divinità,
                  per vedere se gli riesce, almeno così, di saziarsi. Il risultato è un perpetuo
                  e avidissimo desiderio famelico che, per quanto si faccia, non viene mai
                  soddisfatto.
                  È  che  tutti  gli  spiriti  amanti,  ciascuno  secondo  la  propria  elevatezza  e
                  secondo  il  tocco  di  Dio,  aspirano  avidamente  a  Dio,  ma  Dio  rimane
                  inafferrabile per i nostri mezzi. Rimane perciò in noi una fame perpetua,
                  cupida e desiderosa.
                  Quando  incontriamo  Iddio,  lo  splendore  e  il  calore  sono  così  vivi  e
                  immensi,  che  tutte  le  facoltà  vengono  meno  e,  per  effetto  dell’amore
                  sensibile,  si  liquefanno  nella  loro  stessa  unità.  Qui  le  nostre  facoltà

                  devono sottostare all’operazione di Dio, come semplici creature; e qui il
                  nostro spirito, la grazia divina e tutte le nostre virtù si trasformano, per
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