Page 70 - Lo Splendore delle Nozze Spirituali
P. 70
azioni ed si spinge nella stessa unità, dove scaturisce lo zampillo di
questo tocco. Il tocco esige dall’intelletto di conoscere Dio nella sua stessa
luce e chiede alla volontà di godere di Dio direttamente alla sorgente. Lo
spirito innamorato vuole questo, sia nell’ordine della natura, sia sopra la
natura, più di ogni altra cosa. perciò ragione, si solleva con la sua
riflessione sopra se stesso, si porta nei suoi intimi segreti dove vive,
scruta le cose e le contempla.
Qui però viene meno ogni ragionamento e ogni luce creata, e non si va
oltre. Infatti l’eccelsa lucentezza, dalla quale ha origine il tocco, essendo
infinita e immensa, al suo incontro acceca ogni vista creata; e qualsiasi
intelletto umano, che si avvalga solo di luce naturale, fa la fine di un
pipistrello esposto ai raggi del sole. Tuttavia, l’intelletto è spinto sempre
più a scrutare l’intima natura di questo tocco, per vedere che cosa è Dio e
che cosa è questo suo tocco. Così la ragione illuminata si domanda ancora
donde esso venga, e cerca di conoscere direttamente la fonte di questo
dolcissimo zampillo.
Ma non fa un passo in questa conoscenza. Dice dunque: «Non so che cosa
sia», perché un sublime chiarore percuote l’intelletto e lo acceca.
Così si diporta il divino splendore con tutti gli intelletti in cielo e in terra.
ma coloro che con lo studio delle virtù e con la pratica affettiva interiore
scavano fin nel fondo del loro essere – che è la porta della vita eterna –
questi, sì, possono sentire e riconoscere questo tocco: e lì risplende una
così immensa luminosità di Dio, che ogni intelletto crolla totalmente e,
voglia o no, cede innanzi allo splendore di Dio. però, sebbene la ragione
e l’intelletto debbano ritirarsi, o fermarsi alla porta, la capacità affettiva,
che era stata stimolata insieme all’intelletto, sebbene la sua vista non sia
eccellente, tenta di cacciarsi dentro, per gustare almeno qualche cosa. il
godimento infatti sta più nel gustare e sentire che nel comprendere.
Avviene intanto già che, mentre l’intelletto è rimasto fuori, l’amore lavora
con tutte le se forze per entrare.
CAPITOLO 55
La perpetua fame di Dio che prende il nostro spirito
Qui nasce una perpetua fame, che non può essere saziata: è l’intima,
avida e bramosa forza di chi ama, l’aspirazione dello spirito al bene
increato. Lo spirito umano infatti è contemporaneamente spinto dal suo
desiderio fortissimo di possedere Dio, ma l’intelletto non riesce mai a
soddisfare pienamente il suo desiderio. Anzi questi affamati si reputano i
più poveri che la vita presente possa avere. Sono famelici, avidi,
insaziabili; per quanto mangino e bevano, non sono mai sazi. La loro