Page 9 - Libretto della Vita Perfetta
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assolutamente annientato. Il terzo sguardo si fa con un annientamento e un
libero abbandono di se stesso in tutto ciò in cui ci si guidava da sé, in servile
molteplicità contro la divina Verità; [abbandono] nella gioia e nella sofferenza,
nel fare e nell’omettere, così da perdersi con ricca potenza, senza badare a
questo e a quello, e annientarsi in maniera da non riprendersi e diventare una
cosa con il Cristo nell’unità, così da operare in ogni momento per lui, mediante
il ritorno, ricevere e vedere ogni cosa in questa semplicità. E questo sé
abbandonato diventa un «io» cristiforme, di cui la Scrittura parla per mezzo di
san Paolo che dice: «Io vivo, non più io, Cristo vive in me». E questo io chiamo
un sé ben pesato.
Prendiamo ora l’altra parola che Egli dice: lasciare. Egli intendeva con ciò
«abbandonare» o «disprezzare», non così che si potesse lasciare questo sé al
punto da essere ridotti totalmente a nulla, ma solo nel disprezzo, e allora è assai
bene per l’uomo.
Il discepolo: Sia lodata la Verità! Caro Signore, dimmi, resta qualcosa a un uomo
felicemente abbandonato?
La Verità: Ciò accade senza dubbio quando il servo buono e fedele è introdotto
nella gioia del suo Signore: allora s’inebria della traboccante abbondanza della
casa divina; perché gli avviene in maniera inesprimibile come a un uomo
ubriaco che si dimentica di sé al punto da non essere più padrone di se stesso,
poiché è totalmente annientato a se stesso ed è passato completamente in Dio
ed è diventato uno spirito con lui, alla stessa maniera di una gocciolina d’acqua
versata in molto vino. Poiché come questa si annienta a se stessa, allorché trae a
sé e in sé il sapore e il colore di quello, così avviene a coloro che sono in pieno
possesso della beatitudine: sfugge loro, in maniera inesprimibile, ogni desiderio
umano e si perdono a se stessi e si sprofondano completamente nella divina
volontà. Altrimenti non potrebbe essere vera la Scrittura che afferma che Dio
deve diventare tutto in tutte le cose, se fosse che qualcosa dell’uomo restasse
nell’uomo, e non si versasse invece completamente fuori di lui. Vi resta il suo
essere, ma in un’altra forma, in un’altra gloria e in un’altra potenza. E ciò
proviene dall’abbandono senza fondo di sé.
E lui dice così a riguardo del precedente pensiero: ma se qualche uomo in
questa vita sia così abbandonato da avere perfettamente raggiunto ciò in modo
da non guardare più il suo io, né nella gioia né nella sofferenza, ma da amare se
stesso e pensarsi esclusivamente per Dio, secondo il più perfetto grado
raggiungibile, non riesco a comprendere – egli dice – se sia possibile. Si facciano
avanti coloro che l’hanno vissuto, perché, per parlare secondo il mio intendere,
ciò mi sembra impossibile.
Da tutto questo discorso tu puoi scorgere una risposta alla tua domanda, poiché
un retto abbandono di un tale uomo nobile nel tempo è poi modellato e
disposto in conformità all’abbandono dei beati di cui parla la Scrittura, più o
meno, secondo che gli uomini sono più o meno uniti o diventati uno [con Dio].
E osserva in particolare che egli dice che essi sono destituiti del loro io e