Page 8 - Libretto della Vita Perfetta
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l’inaccessibile dignità di avere assunto la natura in tale purità che nulla gli è
seguito né del peccato originale né di alcun altro peccato; e perciò egli fu il solo
che poté redimere il genere umano indebitato.
In secondo luogo le opere meritorie, che tutti gli altri uomini compiono in vero
abbandono di se stessi, ordinano propriamente l’uomo alla beatitudine, che è
allora una ricompensa alla virtù. E la beatitudine consiste nella piena fruizione
di Dio, dove ogni ostacolo e diversità sono rimossi. Ma l’unione
dell’incarnazione di Cristo, essendo in un essere personale, sorpassa ed è
superiore all’unione dello spirito dei beati in Dio. Poiché dal primo momento in
cui fu concepito come uomo fu veramente Figlio di Dio, cosicché non ebbe
alcun’altra sussistenza che quella di Figlio di Dio. Ma tutti gli altri uomini
hanno la loro sussistenza naturale nel loro essere naturale e, per quanto
completamente siano rapiti da se stessi o per quanto puramente si abbandonino
nella Verità, non avviene mai che siano trasformati nella sussistenza della
persona divina e che perdano la propria.
In terzo luogo quest’uomo, il Cristo, aveva pure, al di sopra di tutti gli altri
uomini, di essere il capo della Chiesa, nella stessa maniera in cui si parla del
capo dell’uomo in ordine al proprio corpo, così come sta scritto che tutti coloro
che ha previsto li ha preparati a diventare conformi all’immagine del Figlio di
Dio, in modo che egli sia il primogenito tra molti altri.? E, perciò, chi vuole
avere un vero ritorno e divenire figlio in Cristo si rivolga con un vero
abbandono da se stesso verso di lui: così arriverà dove deve.
Il discepolo: Signore, che cos’è un vero abbandono?
La Verità: Percepisci con precisa distinzione queste due parole: lasciare sé. E se tu
puoi pesare esattamente queste due parole e indagare a fondo sul loro ultimo
significato e considerarlo con giusta distinzione, allora potrai essere istruito
rapidamente sulla Verità. Prendi ora anzitutto la prima parola che suona: «sé» o
«me», e considera che cos’è. E bisogna sapere che ciascun uomo ha cinque sé.
Un sé gli è comune con la pietra ed è l’essere; un altro con la pianta ed è il
crescere; il terzo con gli animali ed è il sentire; il quarto con tutti gli uomini ed è
che ha in sé una natura comune, nella quale tutti gli altri convengono; il quinto
che gli appartiene propriamente, è il suo uomo personale, sia secondo la nobiltà
che secondo l’accidentalità. Che cos’è ora che distorna l’uomo e lo priva della
beatitudine? È solamente l’ultimo sé, quando l’uomo, per rivolgersi verso se
stesso, esce da Dio, dove dovrebbe rientrare di nuovo, e fa di se stesso un
proprio sé secondo l’accidente, cioè si appropria per cecità di ciò che è di Dio, lo
ha di mira, e lo dissipa nel tempo in mancanze.
Ma chi volesse lasciare ordinatamente questo sé, dovrebbe dare tre sguardi: il
primo in modo da rivolgersi, con uno sguardo che si sprofonda, alla nullità del
proprio sé, considerando che questo sé e il sé di tutte le creature sono un nulla
lasciati fuori ed esclusi dall’Essere che è l’unica forza operante. Il secondo
sguardo è di non trascurare che persino nel più alto abbandono il proprio sé
permane sempre nella propria attiva sussistenza, dopo l’uscita, e non vi è