Page 53 - La vera religione
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spirituale ed eterna, verso la quale si deve orientare ogni interpretazione
                  secondo l’autorità; e in quale misura la fede nelle cose temporali giovi alla
                  comprensione e al raggiungimento delle realtà eterne, che sono il fine di
                  tutte le buone azioni. E quale differenza vi sia tra l’allegoria della storia e
                  quella del fatto, e tra l’allegoria del discorso e quella del rito sacro; e come lo
                  stesso  linguaggio  delle  Sacre  Scritture  debba  essere  inteso  secondo  le
                  caratteristiche di ciascuna lingua, poiché ogni lingua ha certi suoi propri
                  generi  di  espressione  che,  tradotti  in  un’altra  lingua,  sembrano  privi  di
                  senso. A cosa giovi un linguaggio così umile per cui nei libri sacri si trovano
                  non solo espressioni che si riferiscono all’ira di Dio, alla sua tristezza, al suo
                  risveglio dal sonno, alla sua memoria, alla sua dimenticanza e a molte altre
                  cose  che  possono  capitare  agli  uomini  buoni,  ma  anche  termini  come
                  pentimento, gelosia, crapula e altri simili. E se gli occhi di Dio, le mani, i
                  piedi e altre membra di tal genere, che vengono menzionate nelle Scritture,
                  debbano essere intese secondo l’aspetto visibile del corpo umano, come
                  avviene  per  l’elmo,  lo  scudo,  la  spada,  la  cintura  e  simili,  oppure  in
                  riferimento  alle  facoltà  intelligibili  e  spirituali  .  E,  soprattutto,  occorre
                  chiedersi  quale  giovamento  derivi  al  genere  umano  dal  fatto  che  la
                  Provvidenza divina abbia parlato con noi attraverso una creatura razionale,
                  generata e corporea, a lei sottomessa. Una volta conosciuto ciò, l’anima si
                  libera di ogni puerile protervia e si apre alla santa religione.

                  Le Sacre Scritture soddisfano l’umana sete di conoscenza.
                  51. 100. Dunque, messe da parte e ripudiate le frivolezze del teatro e della
                  poesia, nutriamo e dissetiamo, con la meditazione e lo studio delle Sacre
                  Scritture, l’animo stanco e tormentato dalla fame e dalla sete della vana
                  curiosità, e che inutilmente aspira a ristorarsi e saziarsi con vuote immagini,
                  simili a cibi dipinti: istruiamoci con questa salutare occupazione, davvero
                  liberale e nobile. Se proviamo piacere per la straordinarietà degli spettacoli e
                  per la bellezza, aspiriamo a vedere quella Sapienza che si estende da un
                  confine all’altro con forza e governa con bontà eccellente ogni cosa . Che c’è,
                  infatti, di più mirabile della forza incorporea che crea e governa il mondo
                  corporeo? E che c’è di più bello di essa, che lo ordina e lo adorna?

                  Il ritorno a Dio attraverso le cose sensibili.
                  52.  101.  Dal  momento  che,  come  tutti  riconoscono,  queste  cose  si
                  percepiscono tramite il corpo e che l’anima è migliore del corpo, essa non
                  vedrà nulla da sé e ciò che vedrà non sarà di gran lunga più eccellente e
                  superiore? Anzi, sollecitati da quel che giudichiamo ad esaminare la norma
                  in base a cui giudichiamo e spinti dalle opere delle arti a considerare le leggi
                  delle arti stesse, con la mente contempleremo quella bellezza a confronto
                  della quale sono brutte quelle cose che, grazie ad essa, sono belle. Infatti, dalla
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