Page 46 - La vera religione
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ruote, riprenda il controllo delle briglie, guidi con più prudenza le bestie
                  sottomesse e domate: allora si accorgerà quanto bene sia costruito il carro
                  nelle sue varie componenti, quale guasto l’abbia fatto cadere, togliendo alla
                  sua corsa l’andatura giusta e moderata. Infatti nel paradiso terrestre ciò che
                  rese debole questo corpo fu l’avidità dell’anima che male operò quando si
                  appropriò del cibo proibito, contro la prescrizione del Medico in cui è riposta
                  la salvezza eterna.

                  45.84. Se, dunque, in virtù della bellezza che dal livello più alto si diffonde
                  fino a quello più basso, troviamo un ammonimento a cercare la felicità nella
                  stessa debolezza della carne visibile, quanto più lo troveremo nel desiderio
                  di notorietà e di eccellenza e in ogni superbia e vanagloria di questo mondo?
                  In tutto ciò, infatti, l’uomo che altro cerca se non di essere, qualora fosse
                  possibile,  il  solo  a  cui  tutto  è  sottomesso,  in  una  perversa  imitazione
                  dell’onnipotenza divina? Se lo imitasse sottomettendosi a Lui e vivendo
                  secondo i suoi precetti, mediante Lui avrebbe ogni cosa sottomessa e non
                  giungerebbe a tanta turpitudine da temere una bestiola qualunque, lui che
                  pretende di comandare gli uomini. Dunque, anche nella superbia è presente
                  un certo desiderio di unità e di onnipotenza, tuttavia nel puro dominio delle
                  realtà temporali, le quali passano tutte come ombra .

                  45. 85. Vogliamo essere invincibili, e a buon diritto: il nostro animo, infatti,
                  per natura trae questa aspirazione da Dio, che l’ha creato a sua immagine.
                  Ma dovevamo osservare i suoi precetti; se li avessimo osservati, nessuno ci
                  avrebbe  vinto.  Ora  invece,  mentre  colei,  alle  cui  parole  turpemente
                  acconsentimmo, è costretta a sopportare i dolori del parto , noi ci affanniamo
                  sulla terra, e con grande vergogna siamo sopraffatti da tutto ciò che riesce a
                  turbarci e sconvolgerci. Così, non vogliamo essere vinti dagli uomini, e non
                  riusciamo  a  vincere  l’ira.  C’è  una  vergogna  più  detestabile  di  questa?
                  Diciamo che l’uomo è quello che noi stessi siamo: anche se ha vizi, tuttavia
                  non è egli stesso il vizio. Non è perciò più onorevole che ci vinca un uomo,
                  anziché il vizio? Chi dubita poi che l’invidia sia un vizio orribile dal quale è
                  inevitabilmente tormentato e sottomesso chi non vuole essere vinto nelle
                  cose  temporali?  È  meglio,  dunque,  che  ci  vinca  un  uomo  piuttosto  che
                  l’invidia o un qualsiasi altro vizio.

                  L’uomo può diventare invincibile solo amando Dio.
                  46. 86. Ma chi ha vinto i suoi vizi non può più essere vinto da un uomo: è
                  vinto infatti soltanto colui al quale l’avversario porta via ciò che ama. Chi
                  dunque ama soltanto ciò che non gli può essere portato via, inevitabilmente
                  è invincibile e non è tormentato in nessun modo dall’invidia. Ama infatti un
                  essere il quale, quanti più sono coloro che giungono ad amarlo e possederlo,
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