Page 41 - La vera religione
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sopportarlo, anche se ci offre la sua stessa bellezza per goderne. È qui che
regna il piacere, e la bellezza più bassa, perché è soggetta a corruzione; se
così non fosse, sarebbe ritenuta somma.
40. 75. Ma interviene la divina Provvidenza per mostrare che tale bellezza
non è di per sé un male, perché sono ben evidenti in essa le tracce delle
supreme armonie in cui si manifesta la sapienza illimitata di Dio; e per
mostrare anche, col mescolarvi dolori, malattie, deformazioni di membra,
pallori, gelosie e discordie tra gli animi, che si tratta di una bellezza infima,
in modo che siano ammoniti a cercare ciò che non muta. Realizza tutto ciò
tramite quegli infimi servitori che le Sacre Scritture chiamano angeli
sterminatori ed angeli dell’ira , i quali provano piacere a farlo, benché non
sappiano quale beneficio ne derivi. A costoro sono simili quegli uomini che
godono delle disgrazie altrui e che si procurano o cercano di procurarsi
motivi di riso o divertenti spettacoli con le sciagure e gli errori altrui. Per i
buoni tutto ciò serve di ammonimento e di prova e così essi vincono,
trionfano, regnano; i malvagi invece sono ingannati, tormentati, vinti,
condannati e costretti a servire non l’unico sommo Signore di tutte le cose,
ma gli ultimi suoi servi, ossia quegli angeli che si nutrono dei dolori e della
miseria dei dannati e che, a causa della loro malvagità, si affliggono per la
liberazione dei buoni.
40. 76. Così tutti, secondo i rispettivi ruoli e fini, sono ordinati in rapporto
alla bellezza dell’universo in modo che quanto, considerato per se stesso, ci
fa orrore, se considerato nell’insieme, invece ci piace moltissimo. Pertanto,
nel giudicare un edificio non dobbiamo limitarci a considerare un angolo
soltanto, né in un uomo bello i soli capelli, né in un buon oratore il solo
movimento delle dita, né nel corso della luna le fasi di tre giorni soltanto.
Queste cose infatti, che sono infime perché composte di parti imperfette,
sono invece perfette nell’insieme: la loro bellezza può essere percepita sia in
quiete sia in movimento; tuttavia bisogna considerarle nell’insieme, se si
vuole giudicarle in modo corretto. Il nostro giudizio vero infatti è bello sia
che riguardi l’insieme sia una sua parte: in quanto è conforme alla verità, con
esso trascendiamo il mondo intero e non restiamo legati a nessuna delle sue
parti. Il nostro errore invece è brutto di per sé, in quanto ci fa aderire ad una
sua parte. Ma come il colore nero in un dipinto diviene bello in rapporto
all’insieme, così l’agone della vita nel suo insieme si rivela accettabile perché
l’immutabile divina Provvidenza assegna un ruolo ai vinti, un altro a chi
lotta, un altro ancora ai vincitori e uno agli spettatori, un ultimo infine ai
pacifici che contemplano solo Dio. In tutti costoro, infatti, non vi è altro male
che il peccato e la pena del peccato, ossia il distacco volontario dalla più alta
essenza e l’affanno involontario in quella più bassa o, per dirla in altri