Page 21 - La vera religione
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20. 39. La corruzione dell’anima è in ciò che ha fatto e la limitazione che
gliene deriva rappresenta la punizione che ne subisce: in questo consiste
tutto il male. Fare e subire insomma non è una sostanza; perciò la sostanza
non è male. Così non sono male né l’acqua né l’animale che vive nell’aria:
queste infatti sono sostanze; male invece è gettarsi volontariamente
nell’acqua e l’asfissia che subisce chi vi è immerso. Lo stilo di ferro, con una
parte per scrivere e l’altra per cancellare, non solo è fatto con maestria, ma è
anche bello nel suo genere e adatto al nostro uso. Ma se qualcuno volesse
scrivere con la parte con cui si cancella e cancellare con quella con cui si
scrive, in nessun modo farebbe dello stilo un male, anche se a buon diritto il
fatto in sé sarebbe criticato. E infatti, una volta corretto l’uso, dove sarà il
male? Se qualcuno fissa all’improvviso il sole di mezzogiorno, gli occhi ne
saranno colpiti e abbagliati: forse per questo il sole o gli occhi saranno un
male? No affatto, perché sono sostanze. Il male invece è nel fatto che lo
sguardo ha trasgredito l’ordine e nell’abbagliamento che ne consegue; esso
tuttavia scomparirà quando gli occhi si saranno riposati e guarderanno una
luce adeguata. Né diviene in se stessa male la luce che è fatta per gli occhi,
quando è venerata al posto della luce della sapienza, che è fatta per la mente;
il male è la trasgressione per la quale si serve la creatura piuttosto che il
Creatore . Questo male non esisterà più quando l’anima, riconosciuto il
Creatore, sarà sottomessa a Lui soltanto e avrà chiaramente percepito che
tutte le altre cose le sono sottomesse per virtù di Lui.
20. 40. Così ogni creatura corporea, nella misura in cui sia posseduta da
un’anima che ama Dio, è un bene, infimo ma bello nel suo genere, perché è
costituita secondo una forma e una bellezza. Se poi è amata da un’anima che
non si cura di Dio, neppure in tal caso essa di per sé diventa un male; ma,
dal momento che il male è il peccato per il quale viene così amata, essa
diventa causa di pena per colui che la ama: lo getta nelle tribolazioni e,
ingannandolo, lo nutre di piaceri che non durano e non appagano, ma sono
fonte di acuti tormenti. Infatti, quando l’avvicendarsi dei tempi ha concluso
il suo mirabile corso, la bellezza desiderata abbandona colui che la ama, si
allontana dai suoi sensi tormentandolo e lo getta nello smarrimento. Così
egli considera come prima bellezza quella che è la più bassa di tutte, ovvero
quella di natura corporea, che la carne, con un perverso compiacimento, gli
ha fatto conoscere attraverso gli ingannevoli sensi: per cui, quando pensa
qualcosa, crede di comprendere; in realtà è ingannato dalle ombre delle sue
fantasie. Se poi talora, senza rispettare integralmente l’ordine della divina
Provvidenza pur credendo di farlo, si sforza di resistere alla carne, perviene
all’immagine delle cose visibili e con il pensiero si costruisce, attraverso
questa luce che vede circoscritta entro limiti precisi, spazi immensi. Ma lo fa
inutilmente; infatti si immagina che questa sia la sua futura dimora e non si