Page 65 - La preparazione dell’anima alla Contemplazione
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l’animo non stenta a togliere da sé qualcosa quanto a mantenere in ogni
affetto un giusto limite. Spesso infatti i fratelli di Giuseppe fanno
qualcosa di grande mentre a loro si acclama: Ecco, ecco sono soliti
stendere le loro mani non solo verso le cose inutili, ma anche verso
tentativi inutili. Spesso l’affetto dell’anima dall’acclamazione di tali
adulazioni prorompe verso la smodata audacia della presunzione, anzi
molte volte per una depravata intenzione della mente viene trascinata e
gettata addirittura nel peccato della ipocrisia. Questo è il peccato
peggiore ed abominevole più di tutti gli altri, poiché è il più odioso al
cospetto di Dio, e di questo Giuseppe accusa i fratelli al cospetto di suo
padre, così come la Scrittura chiaramente dichiara quando dice:
Giuseppe accusò i suoi fratelli di una gravissima colpa (Gn. 37,2). Si
deve intendere per il vizio che Dio singolarmente detesta non altro che
l’ipocrisia. Anche Agostino conferma che una equità solo simulata, non
solo non è equità, ma una duplice iniquità. Questo vizio viene cancel-
lato per mezzo di Giuseppe, quando si segnano e si sventano le insidie
del male per mezzo della discrezione. Questo vizio corrompe i figli, e
viene corretto dal padre quando l’affetto che tocca l’animo, lo preme
molto duramente e a lungo lo occupa, ma non riesce d’altra parte, a
piegarlo fino al consenso.
Capitolo LXX
Dei molti compiti della vera discrezione
È proprio di Giuseppe scrutare con cura non solo questo vizio, ma
qualsiasi insidia del male, anche nascosta, e ad essa provvedere
cautamente, riprenderla con sollecitudine, cancellarla sveltamente e
rintuzzarla con decisione. È compito di Giuseppe la cura e la custodia
di tutti i fratelli, e gli spetta la disciplina di ciascuno, la disposizione di
ciò che deve essere fatto, e la provvidenza intorno alle cose che
verranno. È suo compito prestare diligente attenzione e considerare
frequentemente quanto l’animo guadagni ogni giorno o quanto, per
caso, abbia perduto e in quali pensieri sia per lo più incorso, da quali
affetti sia stato per lo più preso. Lo stesso Giuseppe deve non solo
conoscere perfettamente il vizio del cuore, ma anche le debolezze del
corpo e, secondo le esigenze di ciascuno, cercare il rimedio per la
salvezza, e usare ciò che ha trovato. Bisogna che egli conosca non solo
suoi vizi, ma anche i doni della grazia e i meriti della virtù, e che li
sappia diligentemente distinguere, e che sappia valutare con finezza