Page 24 - La preparazione dell’anima alla Contemplazione
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Ma intanto bastino le cose dette dei figli di Bala; resta ora da parlare un
poco dei figli di Zelfa. Lia pertanto, vedendo sua sorella Rachele gioire
della prole adottiva, è stimolata anch’essa a dare la sua ancella al marito,
affinché possa anch’essa cori sua sorella gioire dell’adozione di figli.
Se pertanto, come è stato detto più sopra, dobbiamo intendere per Zelfa
la sensibilità, quale altra prole di virtù poteva essa generare, se non
imparare a vivere con temperanza nei momenti di fortuna, con pazienza
nei momenti di avversità? Questi sono Gad e Aser, i due figli di Zelfa,
cioè il rigore della astinenza e il vigore della pazienza. Gad pertanto
nasce per primo, Aser è generato per secondo, perché si sia prima
temperanti nella fortuna, poi anche forti nel sopportare le avversità.
Questi due figli delle virtù, che Zelfa certamente generò nel dolore,
costituiscono tuttavia grande beatitudine della loro padrona.
Se attraverso l’astinenza e la pazienza la carne è certamente mortificata,
l’animo è di qui condotto ad una grande pace e serenità. Per questo Lia,
nato Gad, esclama: Con gioia; e di nuovo, nascendo Aser, dice: Questo
per la mia beatitudine (Gn. 30,13).
La mia beatitudine, disse, non la sua. Di là infatti la sensibilità è
attraverso la carne controllata; di qui lo slancio del cuore è rinnovato
all’integra purezza.
Capitolo XXVI
Il rigore dell’astinenza, il vigore della pazienza, le loro
caratteristiche
Infatti quanto credi siano grandi la pace del cuore e la serenità, nel non
desiderare alcun diletto di questo mondo, nel non temere alcuna
avversità terrena? Di queste cose l’una si ottiene attraverso Gad, l’altra
attraverso Aser. Che cosa infatti desidera dei piaceri del mondo chi li
rifiuta per l’amore della astinenza? O che cosa delle avversità del
mondo teme, chi, rinvigorito dalla virtù della pazienza trionfa anche sui
mali? Come è scritto degli Apostoli: Se ne uscirono dal Sinedrio gli
Apostoli pieni di gioia per aver sofferto oltraggi in nome di Gesù (At.
5,41); e come Paolo ci insegna: Gioiosi nella tribolazione (Rom. 12,12).
Che cosa può dunque indebolire la gioia di colui che esulta anche di
una offesa o di un torto ricevuti? Aspira dunque alla beatitudine
dell’animo e qualsiasi difficoltà la sua carne sopporta per amore di Dio.
Da quello infatti il corpo è atterrito, la coscienza esaltata. E quanto più
infelice sembra dal di fuori, tanto più nell’anima è beato. Due infatti