Page 20 - La preparazione dell’anima alla Contemplazione
P. 20
Zelfa riguarda la disciplina delle opere, ai figli di Lia la disciplina della
volontà, ai figli di Rachele la sentenza sulla verità, ai figli poi di Bala la
moderazione del pensiero. Qualsiasi pensiero dunque è giudicato come
se fosse nella sua tribù, quando tutto ciò che è errato, è corretto dal suo
simile, quando la volontà è corretta dalla volontà, quando l’opera è
unita dall’opera, quando l’asserzione è corretta da altra asserzione.
Tutte le volte che sentiamo qualcosa di falso, tutte le volte che
vogliamo qualcosa di ingiusto, tutte le volte che facciamo qualcosa di
disordinato, subito ci rendiamo conto di dover essere ripresi. Ma forse
qualcuno si giudica degno di essere ripreso, quando ha pensato
qualcosa di inutile e di disordinato? Molti rimproverano a se stessi di
aver agito male e secondo una cattiva volontà; pochi giudicano se stessi
a causa di un pensiero disordinato. Ma poiché gli uomini perfetti fanno
questo, poiché bisogna che facciano ciò coloro che vogliono essere
perfetti, per questo Giacobbe predice o comanda dicendo: Dan
giudicherà il popolo suo come un’altra delle tribù in Israele (Gn. 49,
16).
Capitolo XXI
L’utilità della prima speculazione
Se Dan custodisse il popolo suo rigidamente, se esercitasse il suo
giudizio diligentemente, raramente accadrebbe di trovare nelle altre
tribù qualcosa che dovesse essere giustamente condannato. La mente
infatti che stronca subito in questa meditazione il pensiero cattivo, non
facilmente è rapita in pensieri turpi; così come la colpa che è frenata
prima di un iniquo consenso, non passa mai nell’atto. Pertanto Dan
deve essere, prima di tutti gli altri, vigile e vigoroso nel suo giudizio,
affinché le altre tribù possano vivere per lo più senza interne liti e senza
contese. Dan troverà sempre nella sua tribù qualcosa che deve essere
esaminato, qualcosa che deve essere giustamente ripreso, benché ciò
possa essere fatto anche nelle altre, affinché talora sia possibile trovare
alcuna delle altre senza colpa.
La colpa delle altre infatti è nella volontà, il disordine invece è spesso
nella necessità. Mai posso approvare il male, mai posso consentire, mai
posso fare il male, se non l’ho voluto. Il male d’altronde può venire
anche nel pensiero, ma sempre contro voglia. Ma è compito di Dan
portare subito il male in giudizio e, non appena si presenta e si affaccia
al pensiero, discuterlo diligentemente e, mostratolo tale, condannarlo e