Page 67 - La nube della non conoscenza
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purgatorio. A volte non vi trova scritto sopra alcun peccato particolare, ma in
quei momenti gli sembra che il peccato sia come un blocco massiccio di cui non
sa assolutamente nulla, se non che si tratta, in fondo, di se stesso. Allora quel
«niente» lo si può chiamare come la radice e la pena del peccato originale.
A volte crede di essere in paradiso o in cielo, per via delle svariate e
meravigliose dolcezze, e delle innumerevoli consolazioni, gioie e virtù
benedette che vi può trovare. Altre volte, infine, gli sembra che quel «niente»
sia Dio stesso; tale è la pace e il riposo che vi trova.
Sì, pensi pure quello che vuole: troverà sempre la nube della non-conoscenza
tra sé e Dio.
CAPITOLO 70
Come cominciamo a giungere più prontamente alla conoscenza delle realtà
spirituali se mettiamo a tacere i nostri sensi, così cominciamo a giungere più
prontamente alla suprema conoscenza di Dio, per quel tanto che è possibile
avere per grazia su questa terra, se facciamo a meno delle nostre facoltà
spirituali.
Perciò lavora alacremente in questo «niente» e in questo «nessun posto», e
lascia da parte i tuoi sensi e la loro maniera di operare: in verità ti dico che
questo tipo di lavoro non lo si può nemmeno concepire per mezzo di essi.
Con gli occhi puoi solo farti un’idea apparente di una determinata cosa, è cioè
se è lunga o larga, grande o piccola, quadrata o rotonda, vicina o lontana,
colorata o meno. E con le orecchie puoi solo coglierne il rumore o il suono; con
il naso, la puzza o il profumo. Con il gusto puoi sapere se è acre o dolce,
conservata sotto sale o fresca, amara o gradevole; con il tatto, se è calda o
fredda, dura o tenera, soffice o ruvida. Ma, a dire il vero, queste qualità e questi
attributi non li possiede né Dio, né alcun’altra cosa spirituale. Perciò, lascia da
parte i tuoi sensi, e non lavorare con essi né all’interno né all’esterno di te
stesso.
Si sbagliano di grosso e operano contro l’ordine naturale delle cose, quanti
vogliono diventare contemplativi, e quindi operatori spirituali nel più intimo di
se stessi, e nonostante questo pensano di dover vedere o sentire o annusare o
gustare o tastare le realtà spirituali in visioni esterne o interne al loro essere. Per
natura i sensi sono ordinati in tal modo che gli uomini possono aver
conoscenza, per mezzo di essi, di tutte le cose materiali ed esteriori; ma non
possono certo giungere alla conoscenza delle realtà spirituali, se si servono dei
sensi.
Nella misura in cui ne riconosciamo i limiti, i sensi possono arricchire la nostra
conoscenza. Per esempio, quando leggiamo o sentiamo parlare di certe cose, e ci
rendiamo conto che i nostri sensi non sono assolutamente in grado di darci
informazioni sulle loro qualità e sui loro attributi, allora possiamo veramente
esser certi che si tratta di realtà spirituali e non materiali.
Sotto un profilo spirituale, avviene allo stesso modo per quel che riguarda le
nostre facoltà intellettuali, allorché ci sforziamo di conoscere Dio stesso. Per