Page 111 - La nube della non conoscenza
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Ti voglio poi raccomandare una cosa, chiunque tu sia a leggere o ad ascoltare
                  questo mio scritto, e in particolare questo punto in cui faccio una distinzione tra
                  quanti sono chiamati alla salvezza e quanti sono chiamati alla perfezione. Quale
                  che sia la tua vocazione, non ti permettere di giudicare o di discutere gli atti di
                  Dio o quelli di un uomo; limitati a esaminare i tuoi. Non ti deve interessare, per
                  esempio, di sapere chi Dio muova e chiami alla perfezione, e chi no; oppure, a
                  proposito del: tempo, perché egli chiami uno più in fretta di un altro. Se non
                  vuoi cadere in errore, non giudicare; ma ascolta e cerca di capire. Se sei stato
                  chiamato, dà lode a Dio e prega di non cadere. Se invece non sei stato ancora
                  chiamato,  prega  umilmente  Dio  di  chiamarti,  quando  lui  lo  vorrà.  Ma  non
                  pretendere  di  insegnargli  il  suo  mestiere.  Lascia  fare  a  lui.  Egli  è  abbastanza
                  potente, saggio e benevolo per fare ciò che è meglio per te e per tutti quelli che
                  lo amano. Qualunque sia la tua parte, ritieniti soddisfatto. Non c’è motivo che
                  tu  ti  lamenti:  le  due  parti  sono  entrambe  preziose.  La  prima  è  buona  e
                  assolutamente  indispensabile;  la  seconda  è  migliore:  chi  può  ottenerla,  la
                  ottenga; o, più esattamente, la ottenga chi vi è portato dalla grazia e chiamato a
                  tanto da nostro Signore. Noi da soli possiamo anche insistere orgogliosamente,
                  ma alla fine inevitabilmente cadiamo; infatti, senza nostro Signore, tutto quello
                  che facciamo è un niente. L’ha detto lui stesso: «Sine me nihil potestis facere».
                  Se non sono io il motore primo e l’artefice principale, e voi solo soggetti passivi
                  e consenzienti, non potete far  niente  che mi possa piacere  perfettamente  e  in
                  questo modo dovrebbe svolgersi il lavoro di cui parliamo.
                  Tutto questo lo dico per confondere la sbagliata presunzione di quanti, spinti
                  dall’esuberanza  del  loro  sapere  o  della  loro  intelligenza  naturale,  vogliono
                  essere  sempre  loro  gli  artefici  principali  dei  loro  atti,  lasciando  a  Dio  di
                  acconsentire e di restare passivo, mentre è vero proprio il contrario quando si
                  tratta  della  contemplazione.  In  questa  materia,  tutte  le  argomentazioni  sottili
                  della propria scienza o perspicacia naturale vanno messe da parte, in modo che
                  sia Dio l’agente principale.
                  Al contrario, nelle questioni attinenti la vita attiva, il sapere dell’uomo e la sua
                  intelligenza  naturale  devono  collaborare  con  Dio,  al  quale  spetta  soltanto  di
                  dare il suo consenso spiritualmente, attraverso la testimonianza delle scritture,
                  le indicazioni del direttore spirituale e i costumi che possono variare a seconda
                  della natura, del grado, dell’età e del temperamento di ciascuno. Pertanto, nelle
                  cose  della  vita  attiva  nessun  uomo  deve  seguire  un  impulso  spirituale,  per
                  quanto possa sembrare piacevole e santo, se questo non ricade nel campo della
                  sua scienza o delle sue capacità naturali, anche nel caso in cui tutti e tre, o uno
                  solo dei testimoni citati prima, dovessero caldeggiarlo con tutte le loro forze. È
                  certamente saggio che un uomo debba essere superiore ai suoi compiti. È per
                  questo motivo che gli statuti e i regolamenti della santa chiesa prevedono che
                  nessuno possa essere ammesso all’episcopato, che è il grado più elevato della
                  vita attiva, senza un serio esame che attesti che l’alto compito cui il candidato è
                  chiamato non è superiore alle sue forze.
                  Quindi  nella  vita  attiva  il  sapere  dell’uomo  e  le  sue  facoltà  naturali  devono
                  esercitarsi  in  pienezza,  con  il  consenso  e  la  grazia  di  Dio,  a  cui  va  aggiunta
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