Page 109 - La nube della non conoscenza
P. 109
torto: un conto sono io che agisco, un conto sono le mie azioni; la stessa cosa
vale per Dio: un conto è egli in se stesso, un conto sono le sue opere Preferirei
dunque avere il cuore a pezzi dalle lacrime per il fatto di non riuscire a
percepire Dio, e di dovei invece portare il penoso fardello del mio essere; e certo
mi gioverebbe di più infiammare d’amore il mio desiderio e bramare
ardentemente di percepire Dio così com’è, piuttosto che dedicarmi a tutte le
sottili disquisizioni, le immaginazioni più straordinarie o le meditazioni più
disparate, per quanto possano apparire sante o attraenti agli occhi delle tue
facoltà curiose.
Ciò nonostante, queste belle meditazioni sono inizialmente il mezzo migliore
che un peccatore abbia per arrivare alla percezione spirituale di se stesso e di
Dio. Ancora, mi vien da pensare che è impossibile, anche se a Dio tutto è
possibile, che un peccatore possa raggiungere uno stato di chiara percezione
spirituale di sé e di Dio, senza aver prima considerato, attraverso
l’immaginazione e la meditazione, le opere materiali compiute da lui stesso o
da Dio, e senza aver pianto o gioito a seconda che caso lo richiedesse. Chi non
passa per questa strada, non può sperare di entrare; perciò dovrà starsene fuori,
e proprio nel momento in cui penserà di essere entrato. Molti credono di aver
varcato la porta spirituale, mentre rimangono all’esterno, e vi resteranno finché
non cercheranno la porta con umiltà. Alcuni la trovano facilmente e entrano
prima di altri: tutto dipende dal portiere, senza alcun merito o pedaggio da
parte loro.
Che dimora straordinaria, la spiritualità! Il Signore non ne è solo il portiere, ma
anche la porta: è il portiere per via della sua divinità e la porta per via della sua
umanità. Egli stesso dice nel vangelo: «Ego sum ostium; si quis per me
intraverit, salvabitur: et sive egredietur, sive ingredietur, pascua inveniet. Qui
vero non intrat per ostium, sed ascendit aliunde, ille fur est et latro». Ed è come
se dicesse, in riferimento al nostro argomento: Io, che sono onnipotente per la
mia divinità e che, in qualità di portiere, sono libero di aprire a chi voglio, e da
qualunque via provenga, tuttavia ho voluto che ci fosse una via ordinaria e
semplice, una porta aperta a tutti quanti volessero entrare, in modo che nessuno
potesse scusarsi di non conoscere la strada. Ecco perché mi sono rivestito della
natura comune a tutti gli uomini: mi sono adeguato a tal punto da diventare la
porta con la mia umanità, e chiunque entra per mezzo mio, sarà salvo.
Entra per la porta chi medita sulla passione del Signore, chi si duole di esserne
la causa con la sua malvagità e rimprovera amaramente se stesso per aver
meritato tali sofferenze, senza averle però subite; costui deve allora provare
pietà e compassione per il Signore che, malgrado la sua dignità, si abbassò a
tanto soffrire senza averlo meritato; e poi deve elevare il cuore verso l’amore e
la bontà della divinità che non disdegnò di umiliarsi fino al punto di assumere
la nostra umanità debitrice della morte. Chi agisce così, entra per la porta, e sarà
salvo. Che poi penetri più all’interno, contemplando l’amore e la bontà della
divinità di Cristo, o che si fermi a considerare le sofferenze della sua umanità,
troverà sempre alimento spirituale per la sua devozione, a sufficienza e in
abbondanza, per la salute e la salvezza dell’anima, anche se in questa vita non