Page 27 - La natura del corpo e dell'anima
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funeste le leggi della comune natura.
                  L’uomo,  misero,  subito  viene  fasciato  stretto  in  tutte  le  sue  membra,  perché
                  capisca di essere stato messo in un carcere; gli si permette unicamente di usare
                  degli occhi e della bocca, e ciò gli è concesso soltanto perché pianga e si lamenti.
                  Questo succede anche a chi è allevato in una condizione felice, sia pur figlio di
                  un imperatore o di un re.

                  80. Giace dunque, legato piedi e mani, animale gemente, che inizia la sua vita
                  nel tormento, per la sola colpa di essere nato. Folli quanti con tali inizi possono
                  credere  che  l’uomo  sia  nato  per  un  superbo  destino!  La  prima  speranza  del
                  vigore, il primo dono dell’età lo rendono poi simile a un quadrupede. Quando
                  comincerà a muoversi come un essere umano? Quando la sua lingua riuscirà ad
                  articolare le parole? Quando sarà in grado di alimentarsi? Quando finalmente il
                  suo capo cesserà di vacillare? Aggiungi che fra tutti gli animali soltanto l’uomo,
                  misero, da sé non sa far altro che implorare, e con gran fatica della madre, della
                  nutrice e sua propria gli si deve insegnare tutto ciò che deve o può riguardarlo
                  in quanto uomo.

                  81.  Quando  poi  finalmente  la  dignità  umana  sembra  poter  godere  di  una
                  condizione di buona stabilità, ormai consolidata, ecco le malattie, le medicine, e
                  alla fine il pensiero del sepolcro. Nessun vivente ha una vita più precaria e una
                  salute  più  fragile,  nessuno  deve  preoccuparsi  maggiormente  per  l’una  e  per
                  l’altra. Un accidente improvviso può sottrargliele: può essere schiacciato in un
                  disastro, ucciso dal veleno di una pianta o di un vermicciolo, soffocato da una
                  qualsiasi  bestia.  A  stento  può  difendersi  con  una  continua  attenzione  e
                  fuggendo da tutto ciò che ha il potere di nuocergli in un modo o nell’altro. Per
                  la  fragilità  del  corpo  è  in  balla  di  tutto  ciò  che  la  natura,  in  virtù  della  sua
                  ragione, ha posto sotto i suoi piedi. L’uomo entra in questa vita povero, privo di
                  tutto  ciò  che  gli  serve;  a  giudicare  dalle  apparenze  sembra  sia  un  miserabile
                  piuttosto che un essere ricolmato d’ogni bene.

                  82. Non è armato, come molti animali, di corna appuntite, di unghie aguzze, di
                  artigli  o  zanne,  di  denti  o  aculei  che  provocano  la  morte.  Il  suo  corpo  non  è
                  coperto da un mantello di peli. Soltanto l’uomo è più lento dei corridori veloci,
                  più  piccolo  dei  grandi  animali,  più  esposto  all’offesa  di  quelli  muniti  di
                  protezioni naturali.

                  [Il predominio dell’uomo]
                  Come si può sostenere,  si dirà, che un tale  essere  abbia la potestà  su tutte  le
                  cose? Lo si può e senza riserve. In primo luogo perché la ragione umana tiene
                  sotto controllo  il potere di nuocere di ciò  che le è  sottoposto, guardandosene
                  con  prudenza  oppure  piegandolo  con  la  sua  forza  e  riducendolo  al  proprio
                  servizio. Ciò che appare un difetto della nostra natura diviene infatti occasione
                  per dominare su ciò che le è soggetto.
                   Forse l’uomo disprezzerebbe il proprio potere se non avesse bisogno dei servizi
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