Page 22 - La grandezza dell'anima
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ed ugualmente con gesti esprimeva il proprio pensiero? Vi era conosciutissimo.
                  Io stesso conosco un contadino normale che da una moglie normale ha avuto,
                  tra  maschi  e  femmine,  quattro  figli  e  forse  più,  non  ricordo  bene  ora,  tutti
                  sordomuti.  Si  capiva  che  erano  muti  perché  non  potevano  parlare  ed  anche
                  sordi perché percepivano segni soltanto mediante la vista.
E. - Quello di Milano
                  lo  conosco anche io,  di costoro non so ma  credo a te.  Ma a che  scopo  questi
                  esempi?
A. - Ma perché hai detto che non riesci a supporre come possa nascere
                  un individuo fra costoro.
E.- E vi insisto. Tu stesso affermi che essi sono nati fra
                  individui in possesso della favella.
A. - Non potrei certamente dire il contrario.
                  Risulta intanto dal  nostro colloquio  la possibilità che esistano  degli individui
                  con tale anormalità. Ed ora supponi, per favore, che un maschio e una femmina,
                  anormali in tal senso, si uniscano, che siano condotti da una evenienza qualsiasi
                  in un luogo deserto, dove tuttavia possano vivere e che qui mettano al mondo
                  un figlio non sordo. Questi come potrebbe comunicare con i propri genitori?
E.
                  - E come penseresti, se non ripetendo con i gesti i segni osservati nei genitori?
                  Tuttavia un bimbo neanche di questo sarebbe capace. Dunque la mia obiezione
                  rimane in piedi. Che importa se con la crescenza impara ad esprimersi con la
                  parola ovvero con la mimica, quando l'una e l'altra dipendono dall'anima, di cui
                  non vogliamo ammettere la crescenza?

                  Natura, arte e sviluppo.



                  18.  32.  A.  -  Ora  mi  dai  l'impressione  di  voler  credere  che  un  funambolo  ha
                  l'anima più estesa di coloro che non posseggono questa tecnica.
E. - Questo è
                  un altro discorso. Tutti sanno che quell'abilità appartiene all'arte.
A. - E perché,
                  prego, all'arte? Perché l'ha appresa?.
E. - Certo.
A. - E se uno apprende un'altra
                  cosa,  perché,  a  sentir  te,  non  apparterrebbe  all'arte?
E.  -  Quanto  si  apprende
                  appartiene all'arte, non lo nego.
A. - E quel bimbo non ha appreso dai genitori
                  la mimica?
E. - Sì, certamente.
A. - Dunque devi ammettere che l'apprendere
                  non  è  di  un'anima  che  aumenta  con  lo  sviluppo,  ma  di  una  certa  arte
                  imitativa.
E. -  Questo poi  non posso concedertelo.
A.  -  Dunque  quello che si
                  apprende  non  del  tutto  appartiene  ad  un'arte.  Eppure  l'avevi  concesso  un
                  momento fa.
E. - Ma del tutto all'arte.
A. - Dunque il bimbo non ha appreso la
                  mimica.  Anche  questo  me  lo  avevi  concesso.
E.  -  L'ha  appreso,  ma  non
                  appartiene a un'arte.
A. - Ma tu poco fa hai detto che appartiene all'arte ciò che
                  si apprende.
E. - Suvvia, concedo che parlare e gestire, in quanto risultano dal
                  nostro apprendimento, appartengono a un'arte. Tuttavia diverse sono le arti che
                  apprendiamo  osservando  gli  altri  da  quelle  che  ci  vengono  insegnate  dai
                  maestri.
A. - Secondo te, l'anima col suo sviluppo ne acquista alcune o tutte?
E.
                  - Secondo me, non tutte, quelle soltanto, di cui abbiamo detto dianzi.
A. - E non
                  ti  pare  che  alla  categoria  appartiene  anche  il  camminare  sulla  fune?  Difatti,
                  penso, coloro che hanno l'abilità, l'acquistano osservando.
E. - Così credo. Ma
                  non  tutti  coloro  che  osservano  e  seguono  con  grande  attenzione  possono
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