Page 90 - La Regola Pastorale
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la potenza di un retto agire; a non amare il prossimo meno che sé stessi, e a non versare
veleno pestifero nei cuori attenti alla considerazione del loro esempio, mentre loro stessi
bevono vino salubre. Poiché, in questo caso, non giovano alla vita del prossimo; e
nell’altro la gravano molto; applicandosi, cioè, [da un lato] ad agire rettamente di
nascosto, e [dall’altro] a seminare, per certe loro azioni, una cattiva opinione di sé come
esempio per gli altri. Infatti, chi è già in grado di mettersi sotto i piedi la brama della
lode, opera a danno dell’edificazione se nasconde il bene che compie; e colui che non
mostra l’azione che deve essere imitata è come se, dopo aver gettato il seme che deve
germinare ne strappasse le radici. Perciò infatti, la Verità disse, nell’Evangelo: Vedano
le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli (Mt. 5, 16). Dove
pure è pronunciata quell’altra sentenza che sembra comandare tutto il contrario dicendo:
Guardate di non compiere la vostra giustizia di fronte agli uomini per essere visti da
loro (Mt. 6, 1). Che cosa significa allora che il nostro operare deve essere compiuto in
modo da non essere visto, e tuttavia, secondo il precetto, deve essere visto, se non che
tutto ciò che facciamo deve essere nascosto perché non siamo noi a riceverne lode, e
deve essere manifestato perché accresciamo così la lode del Padre celeste? Infatti,
quando il Signore ci proibiva di compiere la nostra giustizia davanti agli uomini, subito
aggiunse: Per essere visti da loro. E quando comandava che le nostre opere buone
dovevano essere viste dagli uomini, subito aggiunse: Affinché glorifichino il Padre
vostro che è nei cieli. Dunque, alla fine delle sentenze mostrò in che senso non devono
essere viste e in che senso devono esserlo, affinché il cuore di chi la compie non cerchi
che la sua opera sia veduta, per causa sua, e tuttavia non la nasconda, a gloria del Padre
celeste. Perciò accade che per lo più un’opera buona possa essere nascosta anche se
avviene pubblicamente e, ancora, sia come pubblica pur compiendosi di nascosto.
Infatti, chi, in un’azione compiuta in pubblico, non cerca la propria gloria ma quella del
Padre celeste, nasconde ciò che ha fatto, poiché ha considerato come testimone solo
colui a cui si è preoccupato di piacere. E colui che nel suo segreto brama di essere
scoperto e lodato nella sua opera buona, anche se nessuno ha veduto ciò che egli ha
compiuto, egli ha tuttavia fatto ciò davanti agli uomini, poiché ha condotto con sé, nella
sua buona opera, tanti testimoni quante sono le lodi umane che ha ricercato nel suo
cuore. E quando una cattiva stima, che ha valore anche se non nasconde un peccato, non
viene cancellata dalla mente di chi la considera, per l’esempio che essa rappresenta è
come una colpa offerta all’imitazione di tutti quelli che vi prestano fede. Perciò spesso
accade che coloro i quali, con negligenza, permettono che si pensi male di loro, non
compiono per se stessi alcuna iniquità e tuttavia, attraverso tutti coloro che li avranno
imitati, peccano ripetutamente. Perciò, a coloro che mangiano cibi immondi senza
contaminarsi, quanto a sé, ma scandalizzano i deboli con questo modo di cibarsi,
inducendoli in tentazione, Paolo dice: Guardate che la vostra libertà non diventi
inciampo per i deboli (1 Cor. 8, 9). E ancora: E per la tua coscienza perirà il fratello
debole per il quale Cristo è morto. E così, peccando contro i fratelli e colpendo la loro
debole coscienza, peccate contro Cristo (1 Cor. 8, 11-12). Perciò Mosè, dopo aver
detto: Non dirai male di un sordo, aggiunse: Né porrai un inciampo davanti a un cieco
(Lev. 19, 14). Dire male di un sordo equivale a criticare un assente che non può
ascoltare; e porre un inciampo davanti a un cieco corrisponde ad agire con
discernimento e tuttavia offrire occasione di scandalo a chi non ha la luce della
discrezione.
36 — Dell’esortazione che bisogna prestare a molti, tale da aiutare le virtù dei singoli,