Page 89 - La Regola Pastorale
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21). Ascoltino ciò che è scritto: Magari fossi freddo o caldo; ma poiché sei tiepido e né
freddo né caldo, incomincerò a vomitarti dalla mia bocca (Ap. 3, 15-16). Caldo è chi
intraprende attivamente il bene e lo porta a termine; freddo è chi non incomincia
neppure ciò che dovrebbe terminare. E come dal freddo, attraverso la tiepidezza, si
passa al calore; così dal calore, attraverso la tiepidezza si ritorna al freddo. Dunque, chi
vive avendo perduto il freddo della incredulità ma non supera la tiepidezza e non
aumenta il suo calore così da ardere; mentre permane nella nociva tiepidezza, senza più
nessuna speranza di quel calore, non fa altro che tornare freddo. Ma, come prima di
diventare tiepido l’essere freddo conservava la speranza, così ora, la tiepidezza, dopo
essere stato freddo, è senza speranza. Infatti, chi è ancora nel peccato, non perde la
fiducia nella conversione; ma chi, dopo la conversione, è tiepido, si è sottratto anche
quella speranza che poté avere da peccatore. Si richiede, dunque, che uno sia o caldo o
freddo, per non essere vomitato essendo tiepido, affinché, se non è ancora convertito,
lasci una speranza di conversione riguardo a sé o, se è già convertito, sia sempre più
ardente nella pratica della virtù; e non sia vomitato come tiepido per essere ritornato a
causa della sua inerzia, dal calore che si era proposto, al freddo dannoso.
35 — Come bisogna ammonire coloro che fanno il male di nascosto e il bene
apertamente; e quelli che agiscono viceversa
Diverso è il modo di ammonire coloro che fanno il male di nascosto e il bene in
pubblico, e coloro che nascondono il bene che fanno e tuttavia lasciano che si pensi
pubblicamente male di loro per certe loro azioni pubbliche. Infatti, bisogna ammonire i
primi a valutare la rapidità con cui i giudizi umani volano via, e come, invece, restano
stabili quelli divini. Bisogna ammonirli a tenere gli occhi della mente fissi al termine
delle cose, poiché l’attestazione delle lodi umane passa, e la sentenza divina, che
penetra ciò che è nascosto, si rafforza fino alla retribuzione eterna. Pertanto, mentre
pongono i loro peccati davanti al giudizio divino, e le loro azioni giuste davanti agli
occhi degli uomini, il bene che compiono pubblicamente resta senza testimone, ma non
senza testimone eterno rimane ciò che di male essi compiono di nascosto. Così,
nascondendo agli uomini le proprie colpe, e manifestando le virtù, mentre nascondono
ciò per cui avrebbero dovuto essere puniti; di fatto lo svelano; e svelando ciò per cui
avrebbero potuto essere premiati, di fatto lo nascondono. Giustamente la Verità li
chiama sepolcri imbiancati, belli all’esterno ma pieni di ossa di morti (cf. Mt. 23, 27),
perché occultano all’interno i mali dei vizi, ma con la dimostrazione di certe azioni
blandiscono la vista degli uomini, con la sola apparenza esteriore della giustizia.
Pertanto, bisogna ammonirli a non disprezzare le azioni rette che compiono, ma ad
attribuire ad esse un più grande merito; infatti, condannano gravemente ciò che fanno di
buono, coloro che stimano un compenso sufficiente per esso il favore umano, giacché,
quando per una azione retta si cerca una lode passeggera, si vende a poco prezzo una
cosa degna di un compenso eterno. Ed è di un tale prezzo che la Verità dice: In verità vi
dico, hanno ricevuto la loro mercede (Mt. 6, 2). Bisogna ammonirli a considerare che
mentre si mostrano malvagi nelle azioni nascoste e tuttavia offrono di sé pubblicamente
esempi di buone opere, indicano che bisogna seguire ciò che essi fuggono, gridano che è
amabile ciò che essi odiano e, da ultimo, vivono agli occhi degli altri, ma a se stessi
muoiono. Al contrario, bisogna ammonire coloro che fanno nascostamente il bene e
tuttavia per qualche loro azione pubblica permettono che si pensi male di loro, a non
uccidere in sé altri, con l’esempio di una cattiva stima, mentre vivificano sé stessi, con