Page 84 - La Regola Pastorale
P. 84

se non accusatori di se stessi? Parlano contro le colpe, e con le loro opere trascinano se
                  stessi come rei. Bisogna ammonirli a vedere che è dalla sentenza ancora nascosta del
                  giudizio che la loro mente è illuminata perché veda il male che commette; e tuttavia non
                  cerca di vincerlo. Così quanto meglio vede, tanto peggio va in rovina perché riceve la
                  luce dell’intelligenza e non abbandona le tenebre dell’agire depravato.  Infatti,  poiché
                  trascurano la scienza ricevuta in aiuto, la voltano in testimonianza contro di sé; e con
                  quella  luce  di  intelligenza,  che  certo  avevano  ricevuto  per  poter  cancellare  i  peccati,
                  aumentano il castigo. La loro malizia, cioè, quando opera quel male che pur discerne e
                  giudica, degusta già qui il giudizio futuro poiché, mentre si conserva colpevole per il
                  castigo eterno, neppure qui, intanto, è assolta dal suo stesso esame; e tanto più gravi
                  tormenti dovrà ricevere là, quanto più, qui, non abbandona il male anche quando essa
                  stessa lo condanna.
                  Perciò, infatti, la Verità dice: Il servo, che conosceva la volontà del suo Signore e non
                  ha preparato né ha fatto secondo la sua volontà, riceverà molte percosse (Lc. 12, 47).
                  Perciò dice il salmista: Discendano vivi nell’inferno (Sal. 54, 16). Perché vivi sanno e
                  sentono le cose che si compiono intorno a loro, i morti invece non possono sentire nulla.
                  Così scenderebbero morti nell’inferno se commettessero il male senza conoscerlo, ma
                  quando conoscono il male, e ciononostante lo fanno, discendono nell’inferno di iniquità,
                  viventi, miseri e consapevoli.

                  32 — Come bisogna ammonire coloro che peccano per impulso e coloro che peccano
                  deliberatamente

                  Diverso è il modo di ammonire coloro che sono vinti da una improvvisa concupiscenza,
                  e  coloro  che  restano  prigionieri  della  colpa  con  deliberazione.  Bisogna  ammonire  i
                  primi  a  badare  a  se  stessi,  dovendo  affrontare  quotidianamente  la  guerra  della  vita
                  presente, e a proteggere, con lo scudo di un pronto timore, il cuore che non è in grado di
                  prevedere  le  ferite  che  può  ricevere;  abbiano  così  grande  terrore  dei  dardi  nascosti
                  dell’insidioso  nemico,  e  in  un  combattimento  tanto  oscuro  si  trincerino  negli
                  accampamenti del cuore, con una attenzione continua. Infatti, se il cuore è abbandonato
                  dalla sollecita vigilanza, resta aperto alle ferite, poiché l’astuto nemico colpisce il petto
                  tanto  più  liberamente,  quanto  più  lo  sorprende  nudo  della  corazza  della  previdenza.
                  Bisogna  ammonire  coloro  che  restano  vinti  da  una  improvvisa  concupiscenza  a
                  distogliersi  dalla  eccessiva  cura  delle  cose  terrene,  poiché  mentre  si  coinvolgono
                  smodatamente  in  realtà  transitorie,  ignorano  da  quali  dardi  di  colpe  restano  trafitti.
                  Perciò,  la  voce  di  chi  è  colpito  mentre  dorme  viene  anche  espressa  per  mezzo  di
                  Salomone, il quale dice: Mi colpirono, ma non sentii dolore; mi trascinarono e non me
                  ne accorsi. Quando veglierò e ritroverò ancora il vino? (Prov. 23, 35). La mente che
                  dorme dimentica della sua sollecitudine viene colpita e non sente dolore, perché, come
                  non vede i mali incombenti, così non riconosce neppure quelli che ha commesso; viene
                  trascinata  e  non  se  ne  accorge,  perché  è  condotta  attraverso  le  seduzioni  dei  vizi  e
                  tuttavia non si alza per custodirsi. Essa, in verità, desidera vegliare per ritrovare ancora
                  il vino, perché quantunque sia oppressa dal terrore del sonno, via dalla custodia di se
                  stessa, si sforza tuttavia di vegliare per le cure del secolo, per essere sempre ebbra dai
                  piaceri; e mentre dorme, rispetto a ciò per cui avrebbe dovuto prudentemente vegliare,
                  desidera  di  essere  sveglia  per  altre  cose  per  le  quali  avrebbe  potuto  lodevolmente
                  dormire. Perciò più sopra, sta scritto: E sarai come chi dorme in mezzo al mare e come
                  un pilota assopito che ha lasciato il timone (Prov. 23, 34). Infatti dorme in mezzo al
   79   80   81   82   83   84   85   86   87   88   89