Page 79 - La Regola Pastorale
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corrispondenza  al  loro  stato.  Perciò  è  ben  detto  per  mezzo  del  profeta:  Arrossisci,
                  Sidone, dice il mare (Is. 23, 4). Infatti, quando la vita di colui che appare ben difeso e, in
                  un certo senso, stabile, viene riprovata nel confronto con quella di chi vive nel secolo,
                  sbattuto dai flutti di questo mondo, è come se Sidone fosse indotta alla vergogna dalla
                  voce  del  mare.  Giacché  spesso  molti  che,  dopo  aver  commesso  peccati  della  carne,
                  ritornano al Signore, si prestano con tanto più ardore nelle buone opere, quanto più si
                  vedono degni di condanna per quelle cattive. E d’altra parte, certuni che perseverano
                  nell’integrità  del  corpo,  vedendo  di  avere  meno  di  che  dolersi,  pensano  che  sia
                  pienamente sufficiente, quanto a loro, l’innocenza della propria vita e non infiammano il
                  loro spirito con alcuno stimolo che ne ecciti il fervore. Così accade per lo più che sia più
                  gradita a Dio una vita ardente d’amore dopo il peccato, che una innocenza giacente nel
                  torpore della propria sicurezza. Perciò è detto per voce del Giudice: Le saranno rimessi
                  i molti peccati perché ha molto amato (Lc. 7, 47); e: Ci sarà più gioia in cielo per un
                  peccatore pentito che per novantanove giusti per i quali non c’è bisogno di penitenza
                  (Lc. 15, 7). E lo possiamo capire facilmente dalla stessa pratica se pensiamo a come
                  giudichiamo noi con la nostra mente: infatti noi apprezziamo di più una terra che arata
                  — dopo essere stata coperta di spine — produce ricchi frutti, di quella che non ha mai
                  avuto  spine  e  tuttavia,  anche  coltivata,  produce  messe  sterile.  Bisogna  ammonire  gli
                  ignari del peccato carnale, a non preferirsi agli altri per via dell’eccellenza di uno stato
                  superiore, quando ignorano quanto siano migliori le opere di quelli dello stato inferiore,
                  poiché, nell’esame del giusto Giudice, la qualità delle azioni muta i meriti dello stato di
                  vita. Chi infatti — per trarre esempi dalla realtà — non sa che nella natura delle gemme
                  il carbonchio è più prezioso del giacinto? Ma tuttavia, il colore ceruleo del giacinto è
                  preferito al pallido carbonchio, poiché ciò in cui quello è inferiore per lo stato naturale
                  viene  avvalorato  dalla  bellezza  dell’aspetto,  e  questo,  che  per  lo  stato  naturale  è  più
                  prezioso,  viene  oscurato  dalla  qualità  del  colore.  Così  dunque  fra  gli  uomini:  alcuni,
                  posti  in  uno  stato  superiore,  sono  peggiori:  altri,  posti  in  uno  stato  inferiore,  sono
                  migliori: perché questi, vivendo bene, vanno oltre la sorte della condizione più bassa;
                  mentre  quelli  diminuiscono  il  merito  della  condizione  superiore,  perché  non  le
                  corrispondono con i costumi.

                  29  —  Come  bisogna  ammonire  coloro  che  piangono  peccati  di  opere  e  coloro  che
                  piangono peccati solo di pensiero

                  Diverso  è  il  modo  di  ammonire  coloro  che  piangono  peccati  di  opere,  e  coloro  che
                  piangono peccati di pensiero. Bisogna ammonire i primi a lavare con un pianto perfetto
                  i  peccati  compiuti,  per  non  essere  maggiormente  stretti  dal  debito  dell’azione
                  commessa, ma diminuire col pianto la soddisfazione dovuta. Poiché è scritto: Ci ha dato
                  da bere lacrime in misura (Sal. 79, 6), per dire, cioè, che l’animo di ciascuno, nel suo
                  pentimento,  beva  tante  lacrime  di  compunzione,  quanto  ricorda  di  essersi  inaridito
                  lontano da Dio, nelle colpe. Bisogna ammonirli a ricondurre incessantemente davanti ai
                  propri occhi i peccati commessi, e ad agire nella propria vita in modo che quelli non
                  debbano più essere veduti dal severo Giudice. Perciò David, quando pregava dicendo:
                  Distogli i tuoi occhi dai miei peccati (Sal. 50, 11), poco sopra aveva detto: Il mio delitto
                  mi sta  sempre davanti  (Sal.  50, 5);  come se dicesse: Chiedo di  non  guardare al  mio
                  peccato perché io stesso non cesso di guardarlo. Perciò anche, per mezzo del profeta, il
                  Signore  dice:  E  non  mi  ricorderò  dei  tuoi  peccati,  ma  tu  ricordateli  (Is.  43,  25-26.
                  LXX). Bisogna ammonirli a considerare i peccati uno per uno, e mentre per ciascuno
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