Page 76 - La Regola Pastorale
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tuttavia  non  si  abbandonano  ad  alcun  piacere  della  carne  al  di  fuori  di  quell’atto
                  compiuto per avere figli. Stare sul monte, cioè, significa non cercare nella carne se non
                  il frutto della generazione. Stare sul monte significa non aderire carnalmente alla carne.
                  Ma poiché ci sono molti che rinunciano ai peccati della carne e tuttavia, posti nello stato
                  matrimoniale; non ne osservano solamente i diritti del suo debito uso, usci appunto Lot
                  da  Sodoma  e  tuttavia  non  giunse  subito  sui  monti,  a  indicare  che  quando  già  è
                  abbandonata la vita degna di condanna, l’altezza della continenza coniugale non è però
                  ancora  raggiunta  in  tutta  la  sua  perfezione.  Ma  c’è  nel  mezzo  la  città  di  Segor,  per
                  salvare il debole che fugge, poiché naturalmente, quando i coniugi si uniscono a causa
                  dell’incontinenza,  fuggono  la  caduta  del  peccato  e  tuttavia  si  salvano  per
                  condiscendenza. È come se trovassero una piccola città che li difende dal fuoco, poiché
                  una tale vita coniugale non è certo mirabile per la virtù e tuttavia è sicura dal castigo.
                  Perciò il medesimo Lot dice all’angelo: C’è qui vicino una piccola città in cui posso
                  rifugiarmi e mi salverò in essa. Non è forse modesta, e la mia anima vivrà in essa?
                  (Gen. 19, 20). Dunque, è detta vicino e tuttavia è indicata come sicura per la salvezza,
                  poiché la vita coniugale non è separata di molto dal mondo e tuttavia non è estranea alla
                  gioia della salvezza. I coniugi però, in tale stato, custodiscono la loro vita come in una
                  piccola città, quando intercedono per se stessi con suppliche assidue. Perciò viene detto
                  anche  al  medesimo  Lot,  per  mezzo  dell’angelo:  Ecco,  ho  ascoltato  le  tue  preghiere
                  anche in questo: non distruggerò la città in favore della quale hai parlato (Gen. 19, 21);
                  poiché  è  chiaro  che  non  è  condannata  quella  vita  matrimoniale  in  cui  i  coniugi  si
                  rivolgono a Dio con la supplica, riguardo alla quale anche Paolo ammonisce dicendo:
                  Non  privatevi  l’uno  dell’altro  se  non  d’accordo  e  per  un  tempo  stabilito,  per  essere
                  liberi  per  la  preghiera  (1  Cor.  7,  5).  Al  contrario,  coloro  che  non  sono  legati  nel
                  matrimonio  bisogna  ammonirli  a  servire  tanto  pin  rettamente  i  comandamenti  divini
                  quanto meno li inclina alle cure del mondo il giogo dell’unione carnale; e poiché non
                  sono gravati dal peso lecito del matrimonio, non gravi su di loro il peso illecito della
                  preoccupazione terrena, ma l’ultimo giorno li trovi tanto più pronti quanto più leggeri; e
                  poiché, liberi come sono, possono compiere opere tanto più meritorie, non le trascurino
                  così  da  meritare,  per  questo,  supplizi  tanto  più  gravi.  Ascoltino  l’Apostolo,  il  quale,
                  volendo  formare  alcuni  alla  grazia  del  celibato,  non  disprezzò  il  matrimonio,  ma
                  respinse le cure mondane che nascono da esso dicendo: Ciò lo dico per vostra utilità,
                  non per gettarvi un laccio; ma per indicarvi ciò che è onesto e offre la possibilità di
                  servire Dio senza impedimento (1 Cor. 7, 35). Dal matrimonio, dunque, procedono le
                  preoccupazioni terrene, e perciò il maestro delle genti volle persuadere i suoi ascoltatori
                  a cose migliori perché non si legassero alla preoccupazione terrena. Pertanto, il celibe,
                  trattenuto  dall’impedimento  delle  cure  temporali,  è  uno  che  non  si  è  sottoposto  al
                  matrimonio  e  tuttavia  non  è  sfuggito  ai  suoi  pesi.  Bisogna  ammonire  i  celibi  a  non
                  pensare  di  potersi  unire  a  donne  di  liberi  costumi,  senza  incorrere  nel  giudizio  di
                  condanna.  Infatti,  quando  Paolo  inserì  il  vizio  della  fornicazione  fra  tanti  peccati
                  esecrabili, indicò la sua gravità dicendo: Né i fornicatori né gli idolatri né gli adulteri né
                  gli effeminati né gli omosessuali né i ladri né gli avari né gli ubriachi né i maldicenti né
                  i rapaci possiederanno il regno di Dio (1 Cor. 6, 9-10). E ancora: I fornicatori e gli
                  adulteri  li  giudicherà  Dio  (Ebr.  13,  4).  Pertanto  se  sopportano  le.  tempeste  delle
                  tentazioni  con  pericolo  della  salvezza,  bisogna  ammonirli  a  cercare  il  porto  del
                  matrimonio, infatti è scritto: È meglio sposarsi che ardere (1 Cor. 7, 9). Non è colpa se
                  si sposano, purché in precedenza non si siano impegnati con voti a uno stato di vita più
                  perfetto. Infatti, chi si era proposto un bene maggiore, rende illecito il bene minore che
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