Page 71 - La Regola Pastorale
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sentenze pronunciate contro di loro. Ascoltino che colui, il quale non volle commerciare
il talento, lo perdette insieme con la sentenza di condanna (cf. Mt. 25, 24 ss.). Ascoltino
come Paolo tanto più si considerò puro del sangue dei suoi prossimi, quanto più non li
risparmiò dal colpire i loro vizi dicendo: Affermo davanti a voi, oggi, che sono puro del
sangue di tutti: infatti non mi sottrassi dall’annunziarvi ogni consigliò di Dio (Atti, 20,
26-27). Ascoltino ciò che Giovanni ammonisce con voce angelica, quando è detto: Chi
ascolta dica: Vieni (Ap. 22, 17); certo, perché colui nel quale si insinua una voce
interiore chiami altri e trascini là, dove egli stesso è rapito, affinché non trovi le porte
chiuse, nonostante sia stato invitato, se si avvicina a mani vuote a colui che lo chiama.
Ascoltino Isaia, il quale, poiché aveva taciuto dal ministero della parola, illuminato
dalla luce celeste, con grande voce di pentimento, rimprovera se stesso dicendo: Guai a
me, perché ho taciuto (Is. 5, 5). Ascoltino ciò che è promesso per mezzo di Salomone,
cioè che sarà moltiplicata la scienza della predicazione in colui che avendola già
ottenuta non si trattiene da essa per il vizio della indolenza. Dice infatti: L’anima che
benedice sarà impinguata e chi inebria è lui pure inebriato (Prov. 11, 25). Infatti, chi
benedice esteriormente predicando, accoglie la pinguedine della crescita interiore; e
mentre non cessa di inebriare l’animo degli ascoltatori col vino della Parola, cresce a
sua volta inebriato dalla bevanda del dono così moltiplicato. Ascoltino ciò che David
offri in dono a Dio, poiché non nascose la grazia della predicazione che aveva ricevuto,
dicendo: Ecco, non terrò chiuse le mie labbra, Signore, tu lo sai: non ho nascosto nel
mio cuore la tua giustizia, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato (Sal. 39, 10-11).
Ascoltino ciò che si dice nel colloquio dello sposo con la sposa: Tu che abiti nei
giardini, gli amici [ti] ascoltano; fammi udire la tua voce (Cant. 8, 13). È la Chiesa che
abita nei giardini, e conserva le pianticelle ben coltivate delle virtù per un rigoglio
interiore. E gli amici che ascoltano la sua voce sono gli eletti e coloro che desiderano la
parola della sua predicazione. Ed anche lo sposo desidera di udire quella voce, poiché
anch’egli anela alla sua predicazione attraverso le anime dei suoi eletti. Ascoltino come
Mosè, vedendo che Dio era adirato col popolo e ordinando di dare il via alla vendetta,
con la spada, dichiarò che erano dalla parte di Dio coloro che senza esitazione
avrebbero colpito il delitto dei peccatori, dicendo: Se uno è del Signore, si unisca a me;
ponga ogni uomo la spada sulla sua coscia: andate e tornate da porta a porta
attraversando l’accampamento nel mezzo e ciascuno uccida il fratello e l’amico e il suo
prossimo (Es. 32, 27). Porre la spada sulla coscia è anteporre l’amore della predicazione
ai piaceri della carne, poiché, quando uno desidera di parlare di cose sante, bisogna che
abbia cura di sottomettere le suggestioni illecite. Andare, poi, da una porta all’altra è
passare col rimprovero da un vizio all’altro, poiché da essi entra la morte per l’anima.
Attraversare il campo nel mezzo significa vivere nella Chiesa con tanto disinteresse che
colui il quale rimprovera le colpe dei peccatori non si deve piegare a favorire alcuno.
Perciò giustamente si aggiunge: L’uomo forte uccida il fratello, l’amico e il suo
prossimo. Cioè, uccide il fratello, l’amico, il prossimo, colui che quando scopre
qualcosa degno di punizione, non risparmia dalla spada del rimprovero neppure coloro
che ama per legame di parentela. Se dunque è detto appartenente a Dio colui che è
eccitato dallo zelo dell’amore divino a colpire i vizi, negano certamente di essere di Dio
coloro che rifiutano di rimproverare, in quanto possono, la vita di uomini carnali. Al
contrario, coloro ai quali, o una imperfezione naturale o l’età proibisce l’ufficio della
predicazione e tuttavia vi sono spinti dall’irruenza, bisogna ammonirli a non tagliarsi la
via di un miglioramento successivo coll’arrogarsi, nella loro irruenza, il peso di un
ufficio così grave; e a non perdere anche ciò che avrebbero potuto compiere, prima o