Page 70 - La Regola Pastorale
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5, 16); poiché è giusto che beva lui, prima, e poi predicando faccia rifluire sugli altri.
Infatti, fare scorrere le fonti al di fuori significa infondere esteriormente agli altri la
forza della predicazione. Dividere poi le acque nelle piazze corrisponde a dispensare il
divino discorso ad un grande numero di ascoltatori a seconda della qualità di ciascuno.
E poiché per lo più, mentre la parola di Dio si diffonde e giunge a conoscenza di molti,
si insinua il desiderio di una gloria vana, dopo che è stato detto: Dividi le acque sulle
piazze, giustamente si soggiunge: abbila tu solo e non vi siano stranieri partecipi con
te. Chiama cioè stranieri gli spiriti maligni dei quali, per mezzo del profeta si dice, con
la voce di un uomo nella tentazione: Stranieri sono insorti contro di me e dei forti
hanno cercato la mia vita (Sal. 53, 5). Dice dunque: Dividi le acque nelle piazze e
tuttavia abbile tu solo; come se dicesse apertamente: È necessario che tu serva
esteriormente la predicazione in modo da non unirti, attraverso l’esaltazione, agli spiriti
iniqui e da non ammettere, nel ministero della parola divina, i tuoi nemici coane tuoi
partecipi. Pertanto, dividiamo l’acqua nelle piazze e tuttavia la possediamo da soli,
quando esteriormente diffondiamo ampiamente la predicazione e tuttavia non aspiriamo
affatto ad ottenere la lode degli uomini attraverso di essa.
25 — Come bisogna ammonire coloro che rifiutano l’ufficio della predicazione per
eccessiva umiltà e coloro che se ne impadroniscono con fretta precipitosa
Diverso è il modo di ammonire coloro che, pur essendo in grado di predicare
degnamente, temono di farlo per eccessiva umiltà, e quelli a cui sarebbe proibito da
qualche difetto o dall’età e tuttavia l’irruenza li spinge a farlo. Infatti, coloro che
potrebbero predicare utilmente ma ne rifuggono per umiltà eccessiva bisogna
ammonirli, a dedurre da esempi di minor conto, l’entità di quel che essi trascurano
affatto in cose di maggior conto. Se infatti essi nascondessero, a dei prossimi bisognosi,
del denaro in loro possesso, ne faciliterebbero senz’altro la rovina. Vedano allora con
quale colpa si legano, dal momento che, sottraendo a dei fratelli peccatori la parola della
predicazione, nascondono medicine di vita ad anime che stanno morendo. Perciò dice
bene un sapiente: Sapienza nascosta e tesoro non visto, quale utilità in ambedue? (Sir.
20, 32). Se la fame sfinisse la popolazione ed essi custodissero nascosto del frumento,
sarebbero senza dubbio autori di morte. Considerino dunque con che pena meritano di
essere colpiti loro, che, mentre le anime muoiono di fame della Parola, non
distribuiscono il pane della grazia ricevuta. Perciò bene è detto per mezzo di Salomone:
Chi nasconde il grano sarà maledetto tra i popoli (Prov. 11, 26); poiché nascondere il
grano significa trattenere presso di sé le parole della predicazione santa. Una tale
persona viene maledetta tra i popoli perché per la ‘sola colpa del silenzio, viene
condannata in proporzione a quella che sarà la pena di molti, che avrebbe potuto
correggere.
Se ci fosse chi conosce bene l’arte medica e vedesse una ferita da incidere e tuttavia
ricusasse di farlo, peccherebbe certamente come responsabile della morte del fratello
solo per pigrizia. Vedano dunque quanto sia grande la colpa in cui si avvolgono, coloro
che mentre riconoscono le ferite dei cuori trascurano di curarle col taglio delle parole.
Perciò è anche ben detto per mezzo del profeta: Maledetto chi tiene lontano la sua
spada dal sangue (Ger. 48, 10), poiché tener lontano la spada dal sangue corrisponde a
trattenere la parola della predicazione dall’uccidere la vita carnale. E di questa spada di
nuovo è detto: E la mia spada mangerà le carni (Deut. 32, 42). Costoro dunque, quando
nascondono presso chi sé la parola della predicazione, ascoltino con terrore le divine.