Page 69 - La Regola Pastorale
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dell’errore squarciano i  cuori dei piccoli, già gravidi della concezione della Parola, e
                  creano, per il proprio errore, la opinione di dottrina. Dunque, quando ci sforziamo di
                  istruire costoro perché non errino col pensiero, è necessario che prima li ammoniamo a
                  non  cercare  una  gloria  vana.  Infatti,  se  si  strappa  la  radice  dell’esaltazione,  di
                  conseguenza i rami della dottrina depravata inaridiscono. Bisogna ammonirli anche che,
                  col generare errori e discordie, non mutino in sacrificio a Satana proprio quella legge di
                  Dio  data  precisamente  per  impedire  sacrifici  a  Satana.  Perciò  attraverso  il  profeta  il
                  Signore  si  lamenta  dicendo:  Ho  dato  loro  frumento,  vino  e  olio,  e  per  loro  ho
                  moltiplicato argento e oro che hanno usato per Baal (Os. 2, 8).
                  Dunque,  riceviamo  frumento  dal  Signore  quando  in  espressioni  oscure,  tolta  la
                  copertura della lettera, attraverso il midollo dello spirito, cogliamo l’intimo della legge.
                  Il Signore poi ci offre il suo vino quando ci inebria con l’alta predicazione della sua
                  Scrittura. E ci  dà pure il  suo  olio quando, con  precetti  più  aperti,  dispone con dolce
                  leggerezza la nostra vita. Moltiplica l’argento, quando ci amministra parole piene della
                  luce  della  verità.  E  ci  arricchisce  pure  d’oro  quando  irraggia  il  nostro  cuore  con  la
                  percezione del sommo fulgore. Tutte queste cose gli eretici le offrono a Baal, poiché,
                  con la comprensione corrotta, pervertono ogni cosa nei cuori dei loro ascoltatori. E col
                  frumento di Dio, col vino e l’olio e ugualmente l’argento e l’oro, immolano un sacrificio
                  a Satana, poiché piegano parole di pace all’errore che genera discordia. Perciò bisogna
                  ammonirli a considerare che quando, con animo perverso, creano discordia, per giusto
                  giudizio di Dio, sono loro stessi a morire uccisi da parole di vita. Al contrario, bisogna
                  ammonire  coloro  che  intendono,  certo  rettamente,  le  parole  della  legge,  ma  non  ne
                  parlano umilmente, ad esaminare se stessi alla luce dei discorsi sacri, prima di proporli
                  agli altri, perché non accada che nel perseguire le azioni altrui, trascurino se stessi; e
                  mentre  intendono  rettamente  ogni  cosa  della  Sacra  Scrittura  non  tralascino  di  fare
                  attenzione solamente a ciò che in essa si dice contro coloro che si esaltano. Poiché è
                  disonesto e ignorante, il medico che desidera curare la ferita altrui e ignora quella di cui
                  egli  stesso  soffre.  Pertanto,  coloro  che  non  predicano  umilmente  le  parole  di  Dio,
                  bisogna  certamente  ammonirli  —  quando  si  applicano  a  medicare  i  malati  —  a
                  esaminare anzitutto il veleno della peste che portano addosso, affinché mentre curano
                  gli  altri  non  muoiano  loro.  Bisogna  ammonirli  a  considerare  che  lo  spirito  con  cui
                  parlano  non  contrasti  con  la  santità  della  Parola,  e  non  accada  che  nella  loro
                  predicazione dicano una cosa e ne mostrino un’altra. Ascoltino dunque ciò che è scritto:
                  Se  uno  parla,  siano  come  discorsi  di  Dio  (1  Pt.  4,11).  Pertanto  perché  coloro  che
                  pronunciano  parole  che  non  sono  loro  proprie,  se  ne  vantano  come  se  fossero  loro?
                  Ascoltino ciò che sta scritto: Parliamo come da Dio, di fronte a Dio, in Cristo (2 Cor. 2,
                  17). Infatti parla da Dio, di fronte a Dio, colui che capisce di avere ricevuto da Dio la
                  parola  della  predicazione  e  cerca,  con  essa,  di  piacere  a  Dio  e  non  agli  uomini.
                  Ascoltino ciò che è scritto: È abominazione del Signore ogni arrogante (Prov. 16, 5).
                  Poiché,  evidentemente,  mentre  cerca  la  propria  gloria  nella  parola  di  Dio,  usurpa  il
                  diritto  di  colui  che  la  dà,  e  non  teme  di  posporre  alla  lode  di  sé  colui  dal  quale  ha
                  ricevuto proprio ciò che viene lodato. Ascoltino ciò che viene detto al predicatore per
                  mezzo di Salomone: Bevi l’acqua della tua cisterna e quella che sgorga dal tuo pozzo;
                  le tue sorgenti scorrano al di fuori e dividi le acque nelle piazze. Abbile tu solo e non vi
                  siano stranieri partecipi con te (Prov. 5, 15-17). Dunque, il predicatore beve acqua dalla
                  sua cisterna, quando rientrando nel suo cuore ascolta, lui per primo, ciò che dice. Beve
                  l’acqua che scorre dal suo pozzo, se viene irrigato dalla sua parola. Ed è ben detto ciò
                  che si aggiunge: Le tue sorgenti scorrano al di fuori e dividi le acque nelle piazze (Prov.
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