Page 92 - La Regola Pastorale
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cos’ sapiente? Spesso infatti una terribile malattia opprime un debole corpo e ad essa si
                  deve  venire  in  aiuto  con  rimedi  vigorosi,  ma  tuttavia  il  corpo  debole  non  sostiene  il
                  rimedio  forte;  allora  il  medico  deve  studiare  in  che  modo  togliere  la  malattia
                  sopravvenuta senza aumentare la sottostante debolezza del corpo, perché insieme con la
                  malattia non venga meno la vita. Perciò mette insieme il rimedio con tanta discrezione
                  da ovviare alla malattia e nello stesso tempo aiutare il malato. Dunque, se la medicina
                  del corpo, applicata in modo unitario, può agire in sensi opposti (la medicina infatti è
                  veramente tale quando con essa si rimedia alla malattia sopravvenuta e si viene in aiuto
                  anche al temperamento che vi è sottoposto), perché la medicina dell’animo applicata da
                  una sola e medesima predicazione non dovrebbe essere in grado di ovviare a malattie
                  morali di diverso ordine, essa che è tanto più sottilmente praticata, in quanto si tratta di
                  condizioni spirituali?

                  38 — Talvolta occorre lasciare sopravvivere vizi più leggeri per togliere i più gravi

                  Ma poiché spesso irrompe una malattia dovuta al concorrere di due vizi, dei quali forse
                  uno preme in modo più grave dell’altro, più leggero; è senza subbio più giusto venire in
                  fretta in aiuto contro quel vizio per cui si corre rapidamente alla morte. E se per evitare
                  una morte prossima, non si può contenere questo, senza che cresca il coesistente vizio
                  contrario,  occorre  che  il  predicatore  tolleri  che  attraverso  la  sua  esortazione,  questo
                  ultimo, per un artificioso accomodamento, subisca una crescita, pur di poter trattenere
                  l’altro dalla vicina morte. Ciò che egli opera non aumenta la malattia del suo ferito, cui
                  egli  applica  il  rimedio,  ma  gli  conserva  la  vita  finché  trovi  il  momento  adatto  per
                  ricercare la sua salvezza. Spesso avviene che qualcuno, per non sapersi affatto trattenere
                  dall’ingordigia  dei  cibi,  viene  assalito  dagli  stimoli  della  lussuria  che  ormai  sta  per
                  vincerlo ed egli, atterrito dal timore di soccombere in questa lotta, mentre si sforza di
                  contenersi  con  l’astinenza,  è  travagliato  dalla  tentazione  della  vanagloria.  In  questa
                  situazione non è possibile che si estingua un vizio senza che se ne alimenti un altro.
                  Dunque, quale peste occorre combattere con più ardore se non quella che preme con
                  maggiore  pericolo?  Allora  bisogna  tollerare  che,  provvisoriamente,  in  chi  esercita  la
                  virtù dell’astinenza cresca un po’ di orgoglio purché egli viva, piuttosto che lo uccida
                  del tutto la lussuria generata dall’ingordigia. Perciò Paolo, considerando il suo debole
                  ascoltatore esposto all’alternativa, o di un agire ancora perverso o di compiacersi per il
                  compenso  della  lode  degli  uomini,  per  il  suo  agire  retto,  dice:  Vuoi  non  temere
                  l’autorità? Fa’ il bene e riceverai lode da essa (Rom. 13, 3). Infatti, né il bene va fatto
                  per non dovere temere chi ha il potere in questo mondo né per ricever con esso la gloria
                  di una lode passeggera. Ma considerando che un cuore debole non può giungere a tanta
                  fortezza  da  voler  sfuggire  insieme  al  male  e  alla  lode,  il  gran  dottore,  nella  sua
                  ammonizione, mentre gli toglie una cosa gli concede l’altra; infatti, concedendogli ciò
                  che  è  più  leggero,  gli  tolse  il  più  grave,  in  modo  che  non  essendo  in  grado  di
                  abbandonare  tutto  in  una  sola  volta,  l’animo  veniva  lasciato  alla  consuetudine  di  un
                  certo suo vizio per essere liberato senza fatica da un certo altro.

                  39 — Non bisogna assolutamente predicare cose troppo alte alle menti deboli

                  Occorre che il predicatore non attiri l’animo del suo ascoltatore al di là delle sue forze,
                  affinché la corda della mente non si spezzi mentre viene tesa, per cosa dire, oltre il suo
                  potere.  Infatti,  quando  sono  molti  ad  ascoltare,  i  discorsi  troppo  elevati  si  devono
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