Page 93 - La Regola Pastorale
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contenere e riservare solo per pochi. Perciò la Verità in persona dice: Chi credi che sia
il dispensatore fedele e prudente che il padrone ha stabilito sulla sua famiglia perché
dia a ciascuno a suo tempo la misura di grano? (Lc. 12, 42). E la misura di grano
esprime lo stile del discorso perché non accada che si dia a un cuore angusto qualcosa
che esso non può contenere e questo si versi al di fuori. Perciò Paolo dice: Non ho
potuto parlarvi come a spirituali, ma come a carnali. Come a bambini in Cristo, vi ho
dato da bere latte e non cibo solido (1 Cor. 3, 1). Perciò Mosè, uscendo dall’intimità
con Dio, vela, davanti al popolo, il volto ancora raggiante (cf. Es. 34, 31); certo perché,
alle turbe, esso non parla dei misteri della luce interiore. Perciò, attraverso di lui, viene
prescritto dalla parola divina che se qualcuno ha scavato una cisterna e ha trascurato di
ricoprirla, deve pagare il prezzo di un bue o di un asino che vi sia caduto dentro (cf. Es.
21, 33-34). Poiché, se i rozzi cuori dei suoi ascoltatori non possono contenere le acque
correnti della profonda dottrina cui egli è pervenuto, è considerato reo meritevole di
pena qualora, per le sue parole, una mente, sia pura sia impura, resta presa nello
scandalo. Perciò viene detto al beato Giobbe: Chi ha dato l’intelligenza al gallo? (Giob.
38, 36). Infatti, il predicatore santo che grida in questo tempo oscuro è come il gallo che
canta nella notte, quando dice: È ormai ora di sorgere dal sonno (Rom. 13, 11); e
ancora: Vegliate, giusti, e non peccate (1 Cor. 15, 34). Ma il gallo è solito emettere un
alto canto nelle ore più profonde della notte, e invece, quando l’ora del mattino è più
vicina, produce suoni più tenui e leggeri, poiché chi predica opportunamente grida in
modo chiaro ai cuori ancora ottenebrati e non fa alcun accenno ai misteri nascosti,
affinché siano in grado di ascoltare discorsi più sottili sulle cose celesti quando si
avvicinano alla luce della verità.
40 — La predicazione nelle opere e nelle parole
Ma ritorniamo soprattutto con ardore di carità a quanto abbiamo già detto sopra, che
cioè ogni predicatore si faccia sentire più con i fatti che con le parole, e imprima le sue
orme per chi lo segue, attraverso una buona vita, piuttosto che mostrare con le parole la
mèta verso cui essi devono camminare. Poiché anche questo gallo, che il Signore prende
come esempio nelle sue parole, per indicare il tipo del buon predicatore, quando già si
prepara a cantare, prima scuote le ali e percuotendosi da solo si fa più sveglio;
chiaramente perché è necessario che coloro, i quali si accingono alla santa predicazione,
siano prima vigilanti e dediti al bene operare, perché non pretendano di scuotere gli altri
con le parole, mentre in se stessi dormono nell’inerzia: scuotano se stessi, prima, con
azioni elevate, e solo allora rendano gli altri solleciti del ben vivere; prima colpiscano sé
con le ali della meditazione e con attento esame colgano ciò che in loro giace
nell’inutile torpore e lo correggano con severa riprensione; e solo allora regolino con le
parole la vita degli altri. Prima abbiano cura di punire i propri peccati con pianto e poi
denuncino ciò che è degno di punizione negli altri; e prima di fare risuonare parole di
esortazione, gridino con le opere tutto ciò che hanno intenzione di dire.