Page 95 - La Regola Pastorale
P. 95
Ma poiché si gonfiò nella confidenza nella propria virtù, poco dopo aggiunge che cosa
dovette sopportare: Hai distolto il tuo volto e sono stato turbato (Sal. 29, 8); come se
dicesse apertamente: Mi sono creduto forte tra le mie virtù, ma abbandonato, ho
riconosciuto quanto è grande la mia debolezza. Perciò ancora dice: Ho giurato e
stabilito di custodire i giudizi della tua giustizia (Sal. 118, 106). Ma poiché non era in
potere della sua forza rimanere fermo nella custodia che aveva giurato, subito scopri la
propria debolezza, per cui immediatamente si buttò nella preghiera dicendo: Sono stato
umiliato fino in fondo, Signore, dammi vita secondo la tua parola (Sal. 118, 107).
Poiché spesso la guida celeste prima di fare progredire coi doni richiama alla mente il
ricordo della debolezza, perché non ci si gonfi per le virtù ricevute. Perciò il profeta
Ezechiele, ogni volta che è condotto a contemplare le cose celesti, viene chiamato prima
figlio dell’uomo, come se il Signore lo ammonisse apertamente dicendo: perché tu non
innalzi il tuo cuore nell’esaltazione, considera attentamente ciò che sei, affinché quando
penetri le verità somme riconosca di essere uomo; e mentre sei rapito al di là di te, tu sia
richiamato sollecitamente a te stesso dal freno della tua debolezza. Perciò è necessario
che quando l’abbondanza delle virtù ci lusinga, l’occhio della mente ritorni alle sue
debolezze e si costringa a voltarsi indietro per guardare non ciò che ha fatto rettamente,
ma ciò che ha trascurato di fare, perché, mentre nel ricordo della debolezza, il cuore si
abbatte, sia rafforzato nella virtù presso l’autore dell’umiltà. Poiché spesso Dio
onnipotente, quantunque in gran parte renda perfette le menti delle guide delle anime,
tuttavia, per una piccola parte, le lascia imperfette, affinché, quando risplendono per le
loro ammirabili virtù, si struggano per il fastidio della propria imperfezione e non si
innalzino per quanto è in loro di grande, mentre ancora si travagliano nel loro sforzo
contro difetti minimi; ma poiché non sono capaci di vincere questi ultimi resti di
imperfezione, non osino insuperbire per i loro atti eminenti. Ecco, nobilissimo uomo,
spinto dalla necessità di accusare me stesso e tutto attento a mostrare quale debba essere
il Pastore, ho dipinto un uomo bello, io cattivo pittore, che, ancora sbattuto dai flutti dei
peccati, pretendo di guidare gli altri al lido della perfezione. Ma in questo naufragio
della vita, ti supplico, sostienimi con la tavola della tua preghiera e, poiché il mio peso
mi fa affondare, sollevami con la mano dei tuoi meriti.