Page 63 - La Regola Pastorale
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stessi  condannano  a  parole,  affinché  quando  queste  parole  di  condanna  rientrano  nel
                  loro cuore, arrossiscano almeno di imitare coloro che giudicano.

                  21 — Come bisogna ammonire coloro che non bramano i beni altrui, ma si tengono i
                  propri e coloro che pur distribuendo i propri, rapiscono tuttavia quelli degli altri

                  Diverso è il modo di ammonire coloro che né bramano i beni altrui né elargiscono i
                  propri; e coloro che distribuiscono i beni che hanno e tuttavia non desistono di rapire
                  quelli  altrui. Bisogna ammonire coloro che né bramano i  beni  altrui né elargiscono i
                  propri, a sapere che quella terra dalla quale sono stati presi è comune a tutti gli uomini e
                  perciò  produce  anche  i  mezzi  di  sopravvivenza  a  tutti  allo  stesso  modo.  Pertanto
                  vanamente  si  considerano  innocenti  coloro  che  rivendicano  ad  uso  privato  il  dono
                  comune di Dio; i quali, quando non distribuiscono ciò che hanno ricevuto, operano in
                  qualche  modo  l’assassinio  del  prossimo;  perché  quasi  ogni  giorno  ne  uccidono  tanti,
                  quanti sono i poveri che muoiono mentre essi nascondono presso di sé quegli aiuti che
                  erano loro. Infatti, quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa, non elargiamo
                  roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene; e assolviamo piuttosto a un
                  debito  di  giustizia  più  che  compiere  opere  di  misericordia.  Perciò  la  Verità  stessa
                  parlando  di  nome  non  bisogna  ostentare  la  misericordia,  dice:  Badate  di  non  fare  la
                  vostra giustizia davanti agli uomini (Mt. 6, 1). E a ciò si accorda pure il salmista che
                  dice: Disperse, diede ai poveri, la sua giustizia rimane in eterno (Sal. 111, 9). Infatti,
                  dopo avere nominato la liberalità esercitata verso i poveri, preferisce chiamarla giustizia
                  e non misericordia, poiché è certamente giusto che quanto viene distribuito dal comune
                  Signore, chiunque ne riceve lo usi a vantaggio comune. Perciò anche Salomone dice:
                  Chi è giusto darà e non cesserà (Prov. 21, 26). Bisogna anche ammonirli a stare molto
                  attenti che l’agricoltore esigente si lamenta contro il fico che non dà frutto perché, oltre
                  a  ciò,  tiene  occupato  il  terreno.  Il  fico,  cioè,  tiene  il  terreno  occupato  senza  frutto
                  quando l’animo degli avari conserva inutilmente ciò che avrebbe potuto giovare a molti.
                  Il fico occupa senza frutto il terreno quando lo stolto opprime con l’ombra della pigrizia
                  un  luogo  che  un  altro  sarebbe  stato  in  grado  di  sfruttare  col  sole  delle  buone  opere.
                  Costoro tuttavia spesso sogliono dire: Usiamo ciò che ci è stato dato e non cerchiamo la
                  roba d’altri, e se non agiamo in modo degno di una ricompensa di misericordia, tuttavia
                  non  commettiamo  nulla  di  male.  E  pensano  così  perché  evidentemente  chiudono
                  l’orecchio  del  cuore  alle  parole  celesti;  infatti  neppure  il  ricco  dell’Evangelo,  che
                  vestiva di porpora e di bisso e banchettava splendidamente ogni giorno (cf. Lc. 16, 19
                  ss.), aveva rapito i beni altrui, ma è dimostrato che egli aveva usato dei propri senza
                  frutto; e dopo questa vita lo accolse la geenna vendicatrice, non perché aveva compiuto
                  qualcosa  di  illecito,  ma  perché  si  era  dato  tutto  alle  cose  lecite  con  uso  smodato.
                  Bisogna  ammonire  questi  avari  a  rendersi  conto  che  la  prima  offesa  la  fanno  a  Dio,
                  poiché a colui che dà loro tutto, essi non rendono alcun sacrificio di misericordia. Perciò
                  il salmista dice: Non darà a Dio la sua espiazione né il prezzo del riscatto della sua
                  anima (Sal. 48, 8-9). Infatti dare il prezzo del riscatto è rendere una buona opera alla
                  grazia  che  ci  previene.  Perciò  Giovanni  esclama:  La  scure  è  ormai  alla  radice
                  dell’albero. Ogni albero che non fa buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco (Lc. 3,
                  9). Dunque, coloro che si giudicano innocenti perché non rubano i beni altrui, faranno
                  bene a prevedere il colpo della scure vicina e a rigettare il torpore di una improvvida
                  sicurezza, affinché, mentre trascurano di portare il frutto di buone opere, non vengano
                  tagliati via del  tutto  dalla presente vita, come da una rigogliosa radice.  Al contrario,
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