Page 60 - La Regola Pastorale
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laccio  su  tutti  coloro  che  siedono  sulla  faccia  di  tutta  la  terra  (Lc.  21,  35).  E  i
                  temperanti ascoltino: Non ciò che entra nella bocca corrompe l’uomo, ma ciò che esce
                  dalla bocca corrompe l’uomo (Mt. 15, 11). Ascoltino i golosi: Il cibo è per il ventre e il
                  ventre è per i cibi: ma Dio distruggerà questi e quello (1 Cor. 6, 13). E ancora: Non in
                  gozzoviglie e ubriachezze (Rom. 13, 13). E ancora: Il cibo non ci raccomanda a Dio (1
                  Cor. 8, 8). Ascoltino i temperanti: Perché tutto è puro per i puri; ma per i corrotti e gli
                  infedeli niente è puro (Tit. 1, 15). Ascoltino i golosi: Loro dio è il ventre e la loro gloria
                  in  ciò  che  è  la  loro  vergogna  (Fil.  3,  19).  Ascoltino  i  temperanti:  Alcuni  si
                  allontaneranno dalla fede (1 Tim. 4, 1); e poco dopo: Alcuni proibiscono di sposarsi,
                  vogliono  che  ci  si  astenga  dai  cibi,  che  Dio  ha  creato  perché  siano  presi  con
                  rendimento di grazie dai fedeli e da coloro che hanno conosciuto la verità (1 Tim. 4, 3).
                  Ascoltino i golosi: È bene non mangiare carne e non bere vino, né ciò, per cui il tuo
                  fratello si scandalizza (Rom. 14, 21). Ascoltino i temperanti: Prendi un poco di vino per
                  via dello stomaco e delle tue frequenti debolezze (1 Tim. 5, 23). Ciò perché gli uni non
                  imparino  a  non  desiderare  disordinatamente  i  cibi  della  carne  e  gli  altri  non  osino
                  condannare ciò che essi non desiderano e tuttavia è stato creato da Dio.

                  20 — Come si devono ammonire coloro che distribuiscono i propri beni e coloro che
                  rapiscono quelli altrui

                  Diverso  è  il  modo  di  ammonire  coloro  che  già  elargiscono  i  propri  beni  con
                  misericordia, e coloro che ancora si danno da fare per rapire i beni degli altri. I primi
                  infatti  bisogna  ammonirli  a  non  innalzarsi  con  pensiero  superbo  su  coloro  a  cui
                  elargiscono i beni terreni, e non si stimino migliori perché vedono gli altri sostenuti coi
                  loro mezzi. Infatti il padrone di una casa terrena, nel distribuire i ruoli e i servizi dei
                  servi, stabilisce questi a governare e quelli a essere governati dagli altri. Ordina ai primi
                  di provvedere il necessario ai secondi, e a questi di prendere ciò che hanno ricevuto da
                  quelli.  E  tuttavia  spesso  coloro  che  governano,  dispiacciono  al  padrone  di  casa,  e
                  restano invece nella sua grazia coloro che sono governati. Coloro che sono dispensatori
                  si  trovano  a  meritare  la  sua  ira;  gli  altri,  che  sottostanno  alla  distribuzione  fatta  dai
                  primi,  restano  senza  ricevere  danno.  Dunque,  bisogna  ammonire  coloro  che  già
                  dispensano con misericordia ciò che possiedono, a riconoscersi come posti dal Padrone
                  celeste  a  dispensare  aiuti  temporali,  e  a  offrirli  tanto  più  umilmente  quanto  più
                  capiscono che quel che dispensano è roba altrui. E quando considerano di essere stati
                  costituiti nel servizio di coloro cui elargiscono i beni ricevuti, la superbia non esalti il
                  loro animo, ma lo trattenga invece il timore. Perciò è necessario che badino con grande
                  cura a non distribuire in modo indegno i beni che gli sono stati affidati, e a darne così a
                  chi non devono darne, o a non darne affatto a chi devono qualcosa; a dare molto a chi
                  devono dar poco, o a darne poco a chi devono dar molto; a disperdere inutilmente, per
                  precipitazione, ciò che distribuiscono o a tardare a dare a chi chiede, affliggendolo così
                  in modo colpevole. Non si insinui qui l’intenzione di ricevere gratitudine; e il desiderio
                  di una lode passeggera non estingua lo splendore del donare. L’offerta del dono non sia
                  accompagnata da una opprimente tristezza, ma neppure l’animo di chi offre si rallegri
                  più  del  conveniente;  e  quando  avranno  compiuto  tutto  per  bene,  non  attribuiscano
                  nessun  merito  a  se  stessi  così  da  perdere,  tutto  in  una  volta,  quanto  di  bene  hanno
                  compiuto. Infatti, per non attribuire a sé la virtù della propria liberalità, ascoltino ciò che
                  è  scritto:  Se  qualcuno  esercita  un  ufficio,  lo  faccia  secondo  la  capacità  che  Dio  gli
                  comunica  (1  Pt.  4,  11).  Per  non  gioire  smodatamente  delle  proprie  beneficenze,
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