Page 55 - La Regola Pastorale
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cuore agitato e senza pretesto di giustizia. Nel primo caso, infatti, essa si estende
disordinatamente a ciò che è doveroso, nell’altro invece si accende sempre
indebitamente. Perciò bisogna sapere che gli impazienti differiscono dagli iracondi in
ciò, che quelli non sopportano ciò che viene loro imposto da altri; questi invece sono
loro a provocare ciò che gli altri devono sopportare. Infatti gli iracondi, spesso,
assalgono anche coloro che si ritirano, provocano occasioni di risse, godono di
affaticarsi in contese. Costoro tuttavia si correggono meglio se ci si tira indietro
nell’eccitazione della loro ira, perché in quel momento ignorano ciò che viene detto
loro, ma ritornati in sé, accolgono tanto più liberamente le parole di esortazione quanto
più arrossiscono di essere stati sopportati in pace. Giacché, qualunque cosa giusta si
dica a una mente ebbra di furore, le parrà sempre sbagliata. Perciò anche, a Nabal
ubriaco, Abigail tacque lodevolmente la sua colpa che, altrettanto lodevolmente, gli
disse solo quando egli ebbe smaltito il vino (cf. 1 Sam. 25, 37); e perciò egli poté
conoscere il male che aveva compiuto e che non gli fu detto quando era ubriaco.
Quando però gli iracondi assalgono gli altri in modo che essi non possano in alcuna
maniera ritirarsi, bisogna affrontarli non con aperto rimprovero ma usando verso di loro
il riguardo di un certo cauto rispetto. Cosa che si intende meglio con l’esempio di
Abner. Di lui, quando Asael lo inseguiva con violenza precipitosa e incauta, è scritto:
Abner parlò ad Asael dicendo: Ritirati, non inseguirmi che io non sia costretto a
trafiggerti in terra. Ma quello disprezzò l’avvertimento e non volle ritirarsi. Allora
Abner lo colpi con la parte posteriore della lancia, nell’inguine, e lo trafisse e mori (2
Sam. 2, 22-23). E di chi è figura Asael se non di coloro che quando il furore li coglie
con violenza, li trascina a precipizio? Costoro sono da evitare tanto più cautamente
nell’impeto dell’ira in quanto ne sono anche trascinati come folli; perciò anche Abner
— che nella nostra lingua significa lucerna del padre — fugge; perché la lingua dei
maestri, che indica la luce celeste di Dio, quando vede la mente di qualcuno portata per i
precipizi del furore, e trascura di restituire le frecce delle sue parole contro l’irato, è
come chi non vuol ferire il suo persecutore.
Ma quando gli iracondi non si acquietano con alcun ragionamento e, come Asael non
cessano di perseguitare e comportarsi da pazzi, è necessario che coloro i quali cercano
di trattenere i furiosi, non si erigano anch’essi con furore, ma mostrino tutta la possibile
tranquillità; facciano cioè qualche sottile osservazione che colpisca indirettamente
l’animo di colui che infuria. Perciò anche Abner, quando ristette contro colui che lo
inseguiva, non lo trapassò con la lancia diritta ma rovesciata; poiché percuotere con la
punta corrisponde ad affrontare d’impeto con un aperto rimprovero; invece, ferire con la
parte posteriore della lancia vale toccare tranquillamente il furioso con qualche
argomento e vincerlo quasi risparmiandolo. Asael tuttavia cadde subito perché le menti
eccitate, mentre sentono che si ha riguardo per loro, toccate con tranquillità nell’intimo
dalla ragionevolezza delle risposte, cadono improvvisamente da quello stato di
esaltazione a cui si erano innalzati. Così, coloro che sotto un leggero colpo piombano
dall’impeto del loro ardore, sono come chi muore quasi senza ricevere ferita di spada.
17 — Come si devono ammonire gli umili e gli orgogliosi
Diverso è il modo di ammonire gli umili e gli orgogliosi. Ai primi bisogna suggerire
quanto sia vera quella superiorità che possiedono nella speranza; gli altri bisogna
persuaderli quanto nulla valga la gloria temporale che essi, pur tenendola stretta, non
possiedono. Ascoltino gli umili quanto è eterno ciò a cui aspirano e quanto è transitorio